Mi è già capitato di descrivere la piattaforma Unimog, in particolare per l’Arma dei Carabinieri, trattandosi di una struttura estremamente versatile come si addice ai mezzi militari più estremi, e adattabile a diversi moduli. Caratteristiche, è bene ricordarlo, che non riguardano solo il gruppo Daimler Truck AG, ma anche altre piattaforme di rilievo come Iveco, con i suoi Eurocargo e Daily 4×4, Tekne con il Graelion, e altri costruttori.

Il vero punto di forza dell’Unimog, oltre al motore, è il robusto telaio con longheroni portanti, abbinato a sospensioni con molle elicoidali, ammortizzatori e rinvii ai mozzi, che aumentano la luce da terra. Questa configurazione garantisce ottima stabilità anche sui terreni più difficili. Una filosofia tecnica dei mozzi, opposta a quella dei bus urbani, dove il pianale viene abbassato sotto il mozzo-ruota per agevolare la salita dei passeggeri. Il veicolo è configurato per 26 passeggeri, più 2 operatori di bordo, ed è dotato di pedana idraulica per l’accesso a persone in condizioni di disabilità.

Il Bus 4×4 e i suoi conducenti

Il modello in questione è l’Unimog U 5023, utilizzato in versione bus – Tomassini Style – dalla Funivia dell’Etna per accompagnare i turisti fino alle bocche sommitali del vulcano. La livrea nera con banda rossa richiama la sabbia lavica e le colate incandescenti, evocando l’“ambiente lunare” dell’Etna, come racconta Salvo Guglielmino, uno dei driver, soprattutto avvicinandosi al capolinea a 2.500 metri, dopo il primo tratto in funivia. La realizzazione di questo servizio è stato possibile solo dopo lo scioglimento della neve e alla disponibilità dell’ufficio stampa della Funivia dell’Etna.

Lavorare a queste altitudini, su uno dei vulcani più attivi del pianeta, non è mai una routine, anche se per gli autisti della Funivia dell’Etna è diventata quasi la normalità. I sentieri vengono spesso cancellati da micro-eruzioni, costringendo a tracciarne di nuovi e rendendo indispensabile l’uso di autobus fuoristrada. Un impiego che rappresenta un’alternativa affascinante sia al trasporto pubblico locale che alle lunghe tratte del noleggio. L’Unimog U 5023 unisce l’anima robusta di un camion 4×4 all’affidabilità tecnica della stella a tre punte. È dotato di trazione integrale permanente, bloccaggi dei differenziali (longitudinali e trasversali) e sospensioni a lunga escursione. Si comporta a tutti gli effetti come un vero fuoristrada, solo molto più imponente, con i suoi sei metri di lunghezza e più di tre di altezza. Per i conducenti, si tratta di un servizio atipico e meno frenetico rispetto al TPL urbano, come racconta Natscia Abbate, anche lei al volante dei bus off-road, che sottolinea però come il mestiere resti comunque impegnativo. Ricorda, per certi versi, i collegamenti scolastici nei borghi alpini, con l’aggiunta della maestosità e dell’imprevedibilità dell’Etna. Anche Salvo, autista esperto e appassionato di off-road, descrive con entusiasmo la soddisfazione di guidare l’Unimog “in montagna”, su tracciati sterrati, poco battuti o addirittura da scoprire. Per rendere l’idea, fa un parallelo con il suolo lunare, evocando percorsi e ostacoli ai più sconosciuti.

Funivia dell’Etna: da intuizione a realtà

Negli anni Sessanta, quando l’Etna era raggiungibile solo a piedi o a dorso di mulo, la famiglia Russo Morosoli intuì il potenziale turistico del vulcano. Fu grazie alla visione imprenditoriale di Gioacchino Russo Morosoli e alla collaborazione con ingegneri svizzeri che nel 1966 nacque la funivia che collega il Rifugio Sapienza (1.900 m) alla stazione superiore (2.500 m). Più volte distrutta dalle eruzioni, l’impianto è sempre stato ricostruito – stando alle fonti, senza aiuti assicurativi –, diventando simbolo di resilienza e sviluppo. Oggi, sotto la guida del figlio Francesco, la Funivia dell’Etna impiega centinaia di persone e rappresenta un punto di riferimento per il turismo d’alta quota. Un impegno che ha contribuito anche al riconoscimento dell’Etna come Patrimonio dell’Umanità UNESCO. Le radici della famiglia Russo affondano nel Cinquecento, tra nobiltà siciliana, ecclesiastici paternesi, poi, imprenditoria svizzera. Dall’unione tra Gioacchino Russo e la patrizia Morosoli del Canton Ticino è nata una solida tradizione imprenditoriale, inizialmente attiva nei settori del tabacco, delle assicurazioni e dell’automotive. Negli anni ’60, il nipote Gioacchino Russo Morosoli, classe 1941, fu tra i primi a portare in Sicilia marchi automobilistici stranieri, ma il suo nome resta legato soprattutto alla valorizzazione turistica dell’Etna. Fu lui, infatti, a intuire il potenziale di una struttura stabile per l’accesso al vulcano e, dalla fine degli anni ’60, a contribuire in modo decisivo allo sviluppo della funivia, più volte ricostruita dopo le eruzioni. Oggi il testimone del gruppo è passato al figlio Francesco che rappresenta una delle realtà più solide e dinamiche dell’imprenditoria siciliana. Proprio lui ha fortemente voluto una nuova versione dell’impianto, rilanciandolo con investimenti mirati e nuove infrastrutture che continuano a rendere l’Etna accessibile e fruibile tutto l’anno.

di Gianluca Celentano

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