Anche le grandi aziende stanno avvicinandosi ai social per la ricerca di personale da adibire alla guida degli autobus ed è ormai frequente imbattersi in numerosi annunci a cui seguono quasi sempre le stesse domande. Inutile girarci intorno, le più ricorrenti riguardano lo stipendio offerto o la disponibilità giornaliera del conducente, aspetti che creano dissenso soprattutto tra i più esperti. In effetti lo stipendio lordo medio è di circa 25mila euro annui pari a 1.400 euro netti, cifre ferme da troppo tempo se le paragoniamo a quelle di stati con una storia economica più virtuosa come Francia, Austria o Germania dove  si sfiorano i duemila euro netti al mese. 

L’indagine effettuata da Jobbydoo, piattaforma mediatica del lavoro, evidenzia le percentuali medie di incremento di questa cifra in base all’esperienza partendo da +6% a metà carriera sino a +25% a fine carriera. È curioso osservare come un conducente fattorino con la sola patente B risulta leggermente più avvantaggiato economicamente rispetto al minimo previsto per il conducente professionista di bus il quale, è bene ricordare, lo supera di gran lunga nel corso degli anni grazie anche all’esperienza. I più penalizzati in questa indagine, sembrano essere i conducenti di scuolabus  e quelli delle ambulanze con una media di 1.200 euro netti.

Alla luce di questi dati forse c’è da chiedersi se convenga valorizzare piuttosto che ottimizzare. L’argomento forse stona in un momento difficile dove non si può ancora completamente parlare di post pandemia e, come se non bastasse, c’è una guerra in corso in Ucraina. Un conflitto per il quale non conosciamo quali potrebbero essere i futuri equilibri mondiali che si riverseranno sull’economia. Infatti sono il bilancio economico del paese, la tassazione eccessiva del lavoro e i costi fissi delle società ad essere tra i principali responsabili del malessere dei conducenti, oltre alle obsolete e ingessate contrattazioni utilizzate nel settore.

Il terminal, un bacino di idee

Le opinioni  e le critiche sull’andamento del settore circolano tra i conducenti anche se tra questi molti sono i rassegnati. In un terminal interurbano ho però l’opportunità di avvicinarmi a un gruppo che propone interessanti idee innovative. Qui sostengono a ragion veduta che sono cambiate le modalità di spostamento sul territorio con una velocità spesso superiore rispetto all’adeguamento di molte società meno virtuose, anch’esse, però, obbligate a chiudere i bilanci almeno alla pari. Un cambiamento che riguarda anche la tipologia di utenza a cui servirebbe in molti casi una tutela maggiore per il conducente sia di linea sia di noleggio. Sulla sicurezza un collega del noleggio mi confida che in caso di gitanti minacciosi e fortemente indisciplinati durante il viaggio, non è così raro doversi fermare in una piazzola di sosta per allertare la polizia stradale. Quello che emerge sostanzialmente è la necessità di trovare un equilibrio tra le reali capacità e le retribuzioni, condizione un po’ imbarazzante da valutare seppur alcune aziende abbiano offerto una maggiorazione salariale per gli autisti degli autosnodati con un carico maggiore di passeggeri.

Anche sulle turnazioni del personale i colleghi sembrano condividere l’idea di uno stipendio che tenga conto della disponibilità giornaliera dell’autista, il che significa una retribuzione pari con gli attuali parametri per i turni interi diurni o pomeridiani, mentre si auspicherebbero una sostanziale maggiorazione nei turni spezzati, quelli svolti a più riprese nell’arco delle 12 ore. Idee probabilmente non troppo complicate da applicare ma che porterebbero più motivazione. Si evidenzia quindi la richiesta o di poter usufruire maggiormente del proprio tempo libero o di fare una scelta personale economicamente più vantaggiosa.

Tra le proposte anche un lavoro più variabile

Uno degli argomenti più dibattuti in ambito sindacale è proprio il costo del lavoro in Italia, tra i principali responsabili del malcontento in un settore che crea servizi. Una vera e propria spada di Damocle sulla testa di aziende e conducenti, ma forse oltre alle mirate strategie manageriali e agli ottimi risultati registrati grazie all’impiego professionistico dei vettori privati nel tpl, c’è qualcos’altro che emerge dai colleghi del terminal dove stazionano conducenti di diverse aziende e società. 

Qui utilizzano un termine ancora in vigore nell’ambiente militare cioè aggregare il personale, anche se a me viene in mente una sorta di Erasmus per gli autisti. Marco (nome di fantasia) con una ventennale esperienza nel settore sostiene con convinzione che nell’arco dell’anno i periodi di carenza del lavoro sia nel noleggio sia nel tpl sono differenti da regione in regione e da località a località. Afferma che varrebbe la pena di provare a incrociare queste due condizioni a titolo sperimentale o esclusivamente emergenziale, fintanto  non avvengano nuove assunzioni. Propone quindi di trasferire su base volontaria i conducenti in esubero in altre realtà nazionali del tpl. Con un affiancamento minimo per memorizzare qualche linea, l’autista potrebbe ricevere una interessante indennità di missione dall’azienda ricevente la quale si occuperebbe anche del vitto e dell’alloggio del personale aggregato. Immagino già la sorpresa dei passeggeri toscani, marchigiani o laziali nell’avere alla guida del loro abitudinario autobus un autista con accento veneto, lombardo o piemontese. Al tempo stesso osservo che la formazione impartita da autorevoli e storiche realtà del tpl può tradursi in un utile e costruttivo scambio culturale nel mondo e nel lavoro del conducente il quale, se c’è prima di tutto la passione, è ancora il migliore che ci sia.

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