Testo di Gianluca Celentano
Video di Roby Merlini,
conducenti bus

L’interazione di diversi colleghi ai molti racconti sullavita di autista” è importante ed evidenzia  le innumerevoli polemiche sugli stipendi inadeguati. È vero, è un tema da affrontare (non da me che racconto trasversalmente la vita nel mestiere), soprattutto considerando le molte responsabilità dei driver. C’è anche da dire che per arrivare a modificare una mentalità che penalizza il mestiere è necessario sottolineare anche gli altri aspetti che presenterebbero il conto persino a un autista ben retribuito.

L’esame di coscienza

Questo è un tasto dolente ma va trattato: quanto valiamo realmente nel mestiere? Sento già i vostri fischi, ma sui piazzali l’argomento è molto dibattuto. Lo so, abbiamo tutti la patente e tutti conosciamo le insidie della strada: passeggeri, titolari, incomprensioni, prepotenza e chi più ne ha più ne metta, ma noi dove ci collochiamo?

Da un autista non mi aspetto che risponda: “Cosa ci vuole per guidare un autobus…è già tanto che gli muovo il pullman”. Questa affermazione andrebbe contro la realtà finora sostenuta e condivisa, ovvero che non ci si può improvvisare autisti per il semplice possesso di una patente. Precarietà, salari e orari sono certamente gli aspetti più sentiti (anche per me), occorre però fare un’analisi obiettiva con noi stessi e assolutamente non mollare la presa dal concetto di dignità professionale.

Il mestiere dell’autista è una missione assolutamente non semplice dove sono necessarie molte caratteristiche e predisposizioni naturali, ma anche la volontà di mettersi in gioco creando una buona emulazione.

Moreno, titolare e autista di un rinomato tour operator con anni d’esperienza risponde così alla domanda sul “prezzo degli autisti”: “Dipende da cosa sanno fare. Se mi raccontano che sono esperti e poi alla prima gita mi devono chiamare perché non sanno dove caricare o altre problematiche di questa entità, come possono pretendere retribuzioni alte..?”. Continua dicendo: “Se hanno difficoltà con un cambio manuale o, appena il passo del bus è più lungo, si incastrano dove sono già passati altri sui colleghi, io cosa ci posso fare?” .

Bisogna anche avere il coraggio di chiedere e ricevere dall’amministrazione di alcune società le giuste indicazioni circa un viaggio e, in caso, adeguare l’itinerario alle reali condizioni di viabilità e tempistiche. Il bus non è un taxi, ma troppe volte a prevalere è il detto popolare: “una mano lava l’altra e tutte e due lavano il viso”

Sul piazzale…

L’aspetto più folcloristico e divertente è ascoltare le mille avventure al rientro in deposito dopo gite, shuttle e tpl. Molto, ma molto più difficile è chiedersi cosa avrei potuto fare per evitare un problema o limitarlo.
Questo comportamento me lo insegnò Alessandro Marini – titolare e autista – anni addietro e lo compresi con il tempo. La verità è che si vuole sempre o quasi sempre aver ragione; perché ammettere una mancanza è molto fastidioso e degradante. Per essere dei “tecnici” bisogna mettersi in gioco, sapendo che fisiologicamente abbiamo  limiti e capacità diversi l’uno dall’altro.
Prendere consapevolezza che siamo persone con delle abilità all’interno delle tante attività che gravitano nel mondo dei bus sarebbe già un buon punto di partenza. Qui la cultura e il metodo legati alla formazione hanno un ruolo cruciale per il futuro del mestiere e l’immagine collettiva del conducente.

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