Tetto d’età agli autobus da noleggio, la normativa piemontese è illegittima. La Corte costituzionale ha bocciato la legge della Regione Piemonte volta a imporre un tetto di anzianità di 15 anni (o un milione di chilometri) agli autobus da noleggio. «Le Regioni non possono introdurre, a carico delle imprese di trasporto aventi sede nel territorio regionale, limiti che, lungi dal rispettare i “criteri di tutela della libertà di concorrenza”, penalizzerebbero gli operatori “interni”», si legge nella sentenza.

Intanto, a metà febbraio è atteso il dibattimento in Cassazione in merito alla medesima normativa che entrerebbe in vigore pochi giorni dopo in Lombardia (dopo una proroga di due anni). Un tema su cui a fine 2016, prima che, appunto, venisse siglata la proroga, si è scatenato un piccato contraddittorio con protagonisti la Regione e le organizzazioni di categoria, su posizioni contrapposte, Fai bus e Anav.

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Tetto a 15 anni per i bus da noleggio, le ragioni del dissenso

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Tetto d’età agli autobus da noleggio, due commi incriminati

La sentenza della Corte costituzionale, pubblicata a metà gennaio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, commi 1 e 2, della legge della Regione Piemonte 26 giugno 2006, n. 22 (Norme in materia di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente). Il comma 1 disponeva che «nelle more dell’entrata è vietato alle imprese autorizzate all’esercizio di tale attività l’utilizzo di veicoli di età superiore a quindici anni qualora essi abbiano raggiunto una percorrenza di un milione di chilometri». Il comma 2 aggiunge che «[i] veicoli per i quali è previsto il divieto di utilizzo di cui al comma 1 sono cancellati dagli elenchi relativi ai veicoli autorizzati all’attività di noleggio di autobus con conducente. L’impresa autorizzata, qualora non fornisca i dati relativi all’età e alla percorrenza dei propri veicoli oppure nel caso in cui fornisca dati non veritieri, è soggetta alla sospensione dell’autorizzazione da un minimo di trenta ad un massimo di sessanta giorni».

La legge penalizza gli operatori interni

Nella sentenza della Corte costituzionale si legge che «le regioni non possono introdurre, a carico delle imprese di trasporto aventi sede nel territorio regionale, limiti che, lungi dal rispettare i “criteri di tutela della libertà di concorrenza” fissati nella legge statale (art. 4, comma 1), penalizzerebbero gli operatori “interni”, data l’assenza di delimitazioni territoriali delle autorizzazioni rilasciate nelle altre regioni». E ancora: «Si deve pertanto concludere nel senso che essa incide negativamente sul livello di tutela della concorrenza fissato dalla legge statale. Per quanto di contenuto in sé non irragionevole, la disposizione eccede dunque l’ambito costituzionalmente definito della potestà legislativa regionale».

Lombardia, la crociata del Fai bus

Nel febbraio del 2018 il Tar aveva passato la palla alla Corte costituzionale. Il ricorso era stato firmato da un noleggiatore (Autoturismo Giachino srl) contro la Città Metropolitana di Torino, nel settembre 2017. All’azienda, infatti, era stato imposto di vendere due autobus entro 15 giorni in quanto non rispettavano i requisiti dell’articolo sopra citato. Se è vero che la legge 22/2006 ha il fine di tutelare la sicurezza, è altrettanto vero che si traduce in un vantaggio per gli operatori con sede in regioni dove vincoli non esistono. Motivo, questo, che ha scatenato la battaglia dell’associazione di categoria Faibus in Lombardia, dove una simile normativa avrebbe dovuto entrare in vigore nel febbraio 2017 ed è stata infine prorogata al febbraio 2019, con entrata in vigore prevista per il giorno 19. Il 14 febbraio si esprimerà il Consiglio di stato.

Il commento del Fai bus

«Alla luce delle ultime sentenze della corte costituzionale, legge regionale del Piemonte, madre ed ispiratrice di quella lombarda – si legge nel commento vergato dall’organizzazione di categoria -, il Fai ribadisce la propria posizione contraria all’ applicazione del regolamento regionale lombardo N 6/2014, che riteniamo incostituzionale ed assolutamente in contrasto con la tutela della libera concorrenza, sancita dalla direttiva 2006/123/ce. L’Associazione Fai attende il dibattito presso la Corte di Cassazione il 14 febbraio 2019 contro il regolamento regionale lombardo. Si dichiara altresì che continuerà la propria battaglia fino a che i tribunali amministrativi non dichiareranno l’incostituzionalità stessa del regolamento; i ricorsi continueranno anche dopo l’entrata in vigore di quest’ultimo, rimarcando che nel frattempo,  avrà messo a repentaglio il lavoro di tante imprese e migliaia di famiglie incluse quelle dei lavoratori».

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