di Gianluca Celentano (conducente bus)

I gruppi di autisti che spopolano sui social sono sempre più numerosi e, per molti versi, estremamente utili. Molti colleghi hanno trovato nuove opportunità lavorative grazie a informazioni condivise, altri hanno ricevuto indicazioni preziose per affrontare tratte dalla viabilità complessa, mentre altri ancora sono riusciti a ristabilire contatti utili quando mancava un numero di telefono. Insomma, il giudizio è indubbiamente positivo: queste piattaforme rappresentano uno strumento di grande utilità.

Il coraggio di parlare

Ma c’è anche un altro aspetto che queste comunità virtuali possono offrire: un canale per sfogare la rabbia e la frustrazione legate al lavoro, o a qualche “vizio” di alcune società. Gli autisti, attraverso i social, si raccontano, condividendo esperienze che illuminano sia le criticità sia i momenti di serenità: una nuova avventura lavorativa, una strada mai percorsa prima o una piacevole gita.

Non tutti, però, si sentono liberi di parlare apertamente. C’è chi è reticente nell’esporsi e chi crea profili ad hoc per denunciare problemi senza rivelare la propria identità, oppure per il semplice gusto di provocare senza mostrarsi: i cosiddetti “leoni da tastiera”. Tuttavia, il quadro che emerge è sempre molto chiaro: una fotografia aggiornata dello stato di salute conteporaneo del settore, seppur tra luci e ombre.

Un caso emblematico riguarda un collega, evidentemente amareggiato, che ha denunciato in forma anonima atteggiamenti vessatori da parte di un datore di lavoro. Nel suo sfogo, l’autista descrive il clima tossico nella sua società e il timore di non riuscire a ricollocarsi altrove a causa della cattiva e gratuita pubblicità che lo stesso titolare diffonde presso altre società di autobus.

Casi incresciosi

Questa pratica, assolutamente deplorevole e legalmente discutibile, dimostra come alcuni imprenditori ricorrano a metodi ricattatori per cercare di trattenere i dipendenti. Il collega sottolinea come, nonostante abbia sempre lavorato con impegno e sacrificio, sia finito vittima di dinamiche che nulla hanno a che fare con la professionalità.

Questi episodi ci ricordano che, purtroppo, esistono ancora realtà che si ostinano a utilizzare strategie basate sulla paura, convinte che questo possa fare la differenza sulla “fedeltà” del personale. Verrebbe spontaneo pensare che si tratti di piccole società prive di visione, accecate dall’avidità e incapaci di valorizzare le persone, dove un contratto a tempo indeterminato è solo sulla carta.  Generalmente, i piccoli padroncini valorizzano maggiormente i loro collaboratori, ma evidentemente non è la regola. Il collega, anonimamente, scrive di un rapporto quasi di sfruttamento.

L’informazione abbatte la reticenza (che fa comodo)

Fortunatamente, grazie ai social e alla crescente trasparenza, l’omertà sta gradualmente cedendo il passo a una maggiore consapevolezza collettiva. I blog e le pagine dedicate agli autisti stanno contribuendo a dare voce a chi, per troppo tempo, è rimasto in silenzio. L’augurio è che queste realtà isolate, ancorate a metodi miserevoli, possano estinguersi rapidamente, lasciando spazio a un settore più sano e rispettoso. Un settore che, ogni giorno, affronta mille problemi ma lo fa con onestà e professionalità, garantendo il movimento.

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