Dott.ing. Andrea Bottazzi – responsabile Manutenzione Automobilistica e Logistica – Tper spa

Da alcuni anni siamo costretti ad ascoltare frasi del tipo: “rapid transition to electromobility…” , “ la transizione ecologica  delle flotte su gomma ha avuto una accelerazione…”; nel presente lavoro si illustrerà che questa correlazione tra la transizione ecologica e lo sviluppo delle flotte è assolutamente errata per una serie di motivi:

La transizione ecologica ha dei tempi noti non può accelerare

Con buona pace per i tanti produttori di sistemi di trasporto la transizione ecologica viaggia con il freno a mano tirato in quanto è un processo che prevede un insieme poderoso di investimenti in tecnologie. Per questo motivo si dovrà spingere su alcune attività svolte dagli operatori TPL per riuscire a rispettare il target di decarbonizzazione nel 2050 anche se la transizione ecologica non accelera finirà nel 2050. Questa analisi non è semantico lessicale ma serve a far capire che l’acquisto di flotte di autobus elettrici non è una accelerazione della transizione ma semplicemente un’azione volta ad arrivare nel tempo a rispettare i dettami della transizione ecologica stessa. Ma prima di arrivare ai sistemi forse è importante smarcare subito un elemento di sistema: come si produrrà l’energia elettrica per l’elettromobilità? Considerando che le rinnovabili da sole non potranno fornirla. Un tema che sta facendo affiorare la necessità, soprattutto per alcuni operatori, di abbracciare l’opzione “idrogeno” come elemento di flessibilizzazione della produzione del consumo di energia (cfr. duck curve) e sulle tipologie di energie per la ricarica delle flotte di eBUS con evidente necessità di una base di produzione che deriva da carbone (ancora oggi !!!!) , gas o nucleare; da sommare al contributo delle rinnovabili. Per quanto riguarda il quadrante europeo, considerando anche la 1161/2019, è chiaro che il processo che abbiamo di fronte è un lento e lungo percorso e non un’accelerazione, I dati sono inconfutabili:

  • fase attuale per acquisto di nuovi autobus : 45% clean di cui 22,5% ZEV;
  • dal 2026 si procederà alla fase 75% clean di cui 37,5% zev;

Essere compliant a questa direttiva non significa accelerare ma semplicemente essere conformi ai processi interni di modifica della flotta. L’operatore TPL che supera queste cifre rendendo la flotta ancora più clean o zev in realtà non sta accelerando in quanto questo processo sarebbe certificato solo se lo stesso l’operatore tpl arivasse ad avere la flotta totalmente carbon free prima del 2050. E intanto nel frattempo, sino al 31.12.2030, si può acquistare un 25% di autobus a gasolio, mezzi che vedremo in servizio sino al 2044 (2030+14 anni)…

Lo sviluppo della elettromobilità per le flotte di autobus riguarda una parte ancora limitata delle flotte

L’incremento del 48% di immatricolazioni di autobus urbani elettrici nel 2021 sul 2020 (cfr. Autobusweb) rappresenta un numero molto importante. Non si deve però dimenticare che questo è per la maggior parte figlio di tanti progetti pilota da 10-20 mezzi per operatore e non la messa in campo di scelte strategiche definitive di tutte gli operatori. Solo alcuni hanno dichiarato flotte da più di 100 eBUS e pochissimi hanno già in servizio 100 eBUS. La maggior parte dei progetti con pochi autobus è costituito da ebus con ricarica overnight, un sistema destinato a finire perché se esteso a tutta la flotta distruggerebbe il conto economico dell’operatore TPL provocando la necessità di raddoppiare la flotta. Ed è per questo che i progetti più importanti e strutturati prevedono, tutti, l’opportunity charging.

Se l’operatore, irrigidendo l’uso della flotta, riuscisse ad utilizzare gli elettrici over night nei momenti di picco del mattino o in linee particolari l’incremento di costo sarebbe contenuto. Ma se per sua disgrazia pensa di utilizzarli anche nella parte piatta del servizio, allora sarebbe guai seri in quanto il numero di mezzi raddoppierebbe rispetto al numero attuale in quanto l’autonomia degli over night richiede, come è noto, l’utilizzo di due autobus al posto di un unico esemplare.

Fig. 1 – tipologie di turni macchina con diversi tipi di autobus.

Questo problema è ben noto e ha portato costruttori come Mercedes e Van Hool ad ipotizzare un range extender alimentato ad h2 per poter avere il profilo di missione (in ogni stagione dell’anno) necessario a comparare gli eBUS con i veicoli diesel e gas. Su questo tema ha fatto irruzione l’autobus a fuel cell, FCEB, che assicura proprio queste performance.

Se l’operatore, irrigidendo l’uso della flotta, riuscisse ad utilizzare gli elettrici over night nei momenti di picco del mattino o in linee particolari l’incremento di costo sarebbe contenuto. Ma se per sua disgrazia pensa di utilizzarli anche nella parte piatta del servizio, allora sarebbe guai seri in quanto il numero di mezzi raddoppierebbe rispetto al numero attuale in quanto l’autonomia degli over night richiede, come è noto, l’utilizzo di due autobus al posto di un unico esemplare.

Questo porta a dire che al termine della transizione gli operatori TPL probabilmente dovranno avere comunque un sistema operativo che contempla la gestione dell’idrogeno. Questo problema, come ormai ben noto, si supera con gli eBUS opportunity charging che possono stare in servizio come i veicoli diesel e a gas. Questi eBUS però necessitano di un sistema di ricarica in linea che per le autorizzazioni varie, la gara d’acquisto e la posa in opera richiede almeno 2 anni.

Su questo tema sottolineare alcuni elementi:

  • Alcuni operatori presentano in flotta eBUS di soli 3 anni che non arrivano a coprire i 150km di autonomia/giorno;
  • Che per avere un TC(R)O (total cost (and revenue) of ownership) positivo si legge nei più prfilati documenti accademici che un eBUS overnight di 12 metri deve essere dismesso dopo 8 anni (!!!) per non inserire  nel computo economico un rinnovo del pacco batterie che farebbe alzare i costi in modo drammatico; ma in realtà almeno un cambio di batterie l’operatore TPL lo deve affrontare e per utilizzare l’autobus overnight  almeno 16 anni;
  • non si potrà mai essere usato in modo diffuso un autobus 18 metri con batterie overnight (uso strettamente limitato ai supplementi mattutini del servizio per i pendolari e studenti e con poca capacità di carico stante almeno 650kwh di batterie a bordo del peso di circa 6  tonnellate) e quindi le aziende che portano molti passeggeri devono necessariamente effettuare scelte per opportunity e H2;
  • in Europa i progetti recenti con obiettivi di lungo periodo sono tutti opportunity charging;
  • Il mercato delle batterie di trazione per il second life è ancora agli albori, per il momento i costruttori dell’eBUS si fanno carico solo del ritiro e dello smaltimento. Inoltre i progetti di second life delle batterie su batterie LTO richiedono che l’autobus sia opportunity e non overnight;
  • Al momento, con sgomento, si rileva che si parla ancora (e solo) di capacità nominale delle batterie senza mai affrontare il tema della riduzione dovuta al livello di massima scarica (DoD) e quello della quantità di capacità della batteria da non utilizzare così da assicurare una durata della batteria stesse di almeno di 8 anni. La  vera finestra di utilizzo cd soc – window della batteria per l’esercizio andrà calcolata:  capacità nominale x 0,75- 0,85; e conseguente riduzione dei km giornalieri per i veicoli overnight. Gli eBUS opportunity charging, rispetto a questo calcolo, possono stare in servizio alla stregua dei veicoli diesel e a gas.
  • il tema della organizzazione del servizio è centrale: ad oggi non esistono strumenti che permettano la costruzione dei turni macchina tenendo conto delle autonomie effettive dei veicoli. Un tema tanto più sentito dagli operatori che hanno già comprato troppi autobus con batterie overnight. Cruciale progettare la linea full electric a monte, verificando che essa sia esercibile tutto l’anno con e-bus overnight o progettando le infrastrutture per esercirla, senza un aumento insostenibile dei veicoli (un raddoppio dei veicoli comporterebbe un raddoppio dei CAPEX e dei tempi conducente per andare da e per il deposito a sostituire l’e-bus scarico con quello carico). Questa criticità si risolve soltanto con gli e-bus opportunity charging o con gli FCEB;

Nel settore urbano l’opzione elettrica è già utilizzata dal secolo scorso: metropolitane, tranvie e filovie. Mezzi che sono in funzione da molto tempo prima che la transizione ecologica divenisse un tema della coscienza di molti .

Gli operatori TPL sono oggi impegnati in un lavoro di progettazione di nuove infrastrutture per i veicoli ZEV:

  • Ricariche interne nei depositi per gli eBUS;
  • Ricariche ai capolinea per gli eBUs opportunity charging;
  • Stazioni di rifornimento di idrogeno per gli FCEB;
  • Sistemi di accumulo di idrogeno per gli FCEB;
  • Sistemi di produzione di idrogeno per gli FCEB;
  • Officine adattate per gli eBUS;
  • Officine adattate per gli FCEB;

Come è intuibile la mobilità zev spinge l’operatore nel campo dell’energia questo comporta avere una serie nuova di competenze. Per quanto riguarda i veicoli clean:

  • Stazioni ricarica CNG;
  • Stazioni ricarica LNG;
  • Adeguamento officine per gestione autobus CNG ed LNG;
  • Gestione di carburanti tipo HVO.

Salvo il cng, lng e h2 che hanno economie di scala (fatta una stazione di rifornimento può essere utilizzata da molti autobus) gli eBUS e i filobus  a batteria richiedono una infrastruttura specifica per ogni nuovo autobus (in deposito) e in linea per ogni nuova linea, non hanno quindi economie di scala. Questo, al di là dei costi pone agli operatori la scelta sulle dimensioni delle infrastrutture in particolare quelle di deposito. 100 autobus con 300 kwh da ricaricare (si è già  ipotizzata la soc window si veda sopra) richiedono in un’ora: 100 autobus  x 300 kwh = 30.000 kwh per produrre la quale serve (in un’ora ) una cabina da 30 Mwatt ! Si ovvia a questo portando ad un numero di ore (5h) che porti a potenze a max 6 Mwatt ma irrigidendo in questo modo la flotta, in termini di orari di entrata ed uscita dal deposito il veicolo deve stare fermo 5h in ricarica.

Con autobus opportunity questo fenomeno cala già in modo forte poichè considerando una SOC window pari 100 kwh da ricaricare (per autobus) si diminuisce di un terzo la potenza necessaria per la ricarica e si può ricaricare con 6 Mwatt di potenza in 2 ore la flotta di 100 eBUS opportunity charging. Le ricariche in linea degli eBUS opportunity charging non provocano un aumento della scorta di eBUS ma un irrigidimento della vestizione dei turni macchina, i veicoli eBUS di quella linea con ricarica opportunity opereranno solo su quella linea o su altre linee opportunity.

Non esistono, peraltro, al momento flotte di 100 autobus FCEB devono infatti essere sviluppati i sistemi di ricarica stoccaggio e produzione della filiera H2. Va affrontato anche il tema dei bus rapid transit, BRT, elettrici. Questi sistemi BRT sono molto interessanti perché in 2 anni si può mettere a terra una linea che, se opportunamente in sede stradale riservata, può arrivare a capacità pari a quella di un tram. I tanti progetti già realizzati in Europa con autobus con ricarica opportunity o fast charging sono la prova della flessibilità di questi sistemi rispetto a quelli tradizionali.

Le flotte di autobus su gomma non sono solo urbane

A parte solo piccoli operatori o aziende specifiche, gli operatori TPL di una certa dimensione hanno flotte che devono servire ai seguenti profili:

  • Urbano;
  • Suburbano;
  • Extraurbano;

ecco che tutto quanto si è detto per il trasporto urbano deve essere ora rivisto per inserire le variabili essenziali per il servizio suburbano ed extraurbano:

  • La permanenza di un autobus una o più notti fuori dal deposito, impedisce di utilizzare per tutti questi autobus un autobus elettrico, che deve essere ricaricato ogni notte mentre non lo deve con CNG ed LNG (o HVO) e probabilmente lo sarà in futuro per FCEB;
  • L’assenza totale al momento di stazioni di ricarica elettrica e di idrogeno stradali;
  • La presenza sul mercato, al momento, soltanto di prototipi sia eBUS che ad idrogeno, per gli autobus di classe II.

Al momento per questi sistemi (suburbano area vasta – cioè non metropolitano ove i FCEV possono essere utilizzati flessibilmente – e interurbano) in ottica clean si possono utilizzare: CNG ed LNG che tra l’altro sono inseriti nello sviluppo di filiere di sostenibilità relativa all’economia circolare e che assicurano una vita a questi autobus anche dopo il 2040. Oppure nel periodo della transizione, solo sino al 2030, autobus a gasolio alimentati con HVO. Per quanto riguarda gli eBUS di classe II si ritiene che non esiterà mai una rete stradale poiché l’autobus dovrebbe poi stazionare alcune ore per ricaricare. Per quanto riguarda le stazioni di rifornimento di idrogeno HRS la possibilità c’è ma i tempi (probabilmente) travalicheranno il 2030. E’ stato molto interessante al contrario lo sviluppo rapido della rete di rifornimenti stradali LNG per veicoli pesanti.

Next please

Non si confondano i progetti che stanno provocando una serie di acquisti (specie se di  eBUS overnight) con una accelerazione della transizione al 2050. Tale accelerazione rispetto al 2050  sarà possibile, magari per le aziende virtuose e sistemati i problemi macroeconomici delle fonti energetiche (guerra esclusa), nel decennio del 2040 e solo allora, infatti, qualche azienda arriverà prima del 2050 alla decarbonizzazione ma non certo ora ! Al momento la road map della 1161/2019 è forte e robusta anzi da taluni ritenuta troppo veloce. Non dimentichiamoci che in Italia ci si riuscirà, forse, soltanto perché sono arrivati, imprevisti, i fondi PNRR e React EU. La distinzione tra progetti pilota e strategia è sempre più determinante. La manutenzione di questi sistemi (mezzi + infrastrutture ricarica)  è un problema che si pone per il futuro se l’operatore TPL non acquisisce queste competenze perderà questa partita per sempre. Gli operatori TPL devono costruire il loro futuro non possono più essere epigoni che seguono altrui scelte tecnologiche.

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