Non c’è Mobility as a Service senza trasporto pubblico. E guai a parlare di concorrenza tra tpl e sharing mobility. Una cosa è certa: la tendenza all’introduzione di sistemi MaaS sta guadagnando slancio in tutta Europa. E l’Italia, con il piano MaaS4Italy finanziato dal Pnrr, è in prima fila. Abbiamo intervistato Sylvain Haon, Senior director strategy di Uitp, l’organizzazione mondiale del trasporto pubblico. Una chiacchierata volta a fare chiarezza e sfatare qualche luogo comune attorno all’acronimo più discusso del mondo tpl.

Qual è la definizione di MaaS secondo Uitp?

«Abbiamo fornito una definizione di Mobility as a Service nel nostro policy brief del 2019 e pensiamo che sia ancora valida. Il MaaS è un’unica piattaforma attraverso la quale il cliente può accedere a una serie di servizi di mobilità, raggruppati in un’unica offerta complessiva. Questa offerta deve essere strutturata per incoraggiare l’utente a utilizzare soluzioni di viaggio più sostenibili, ovvero ad abbandonare l’auto privata».

Qualcuno dirà che il MaaS, alla fin della fiera, non è altro che un’app…

«L’app è solo uno strumento. Nel momento in cui un utente può accedere con facilità a diversi tipi di servizi di mobilità e avere la migliore offerta commerciale per tutti questi servizi considerati nel loro insieme, allora abbiamo una messa a terra del MaaS. L’app è la parte più semplice. Tra i vari componenti di un sistema MaaS, il ticketing e il pagamento sono quelli fondamentali. La diffusione di account-based ticketing in un numero sempre maggiore di città e la diffusione dei pagamenti contactless con carta di credito stanno accelerando l’implementazione del MaaS. Questo è promettente».

Quali sono le principali sfide da affrontare per costruire modelli MaaS di successo?

«La grande sfida è quella di costruire un quadro di accordi contrattuali ritenuto valido dai vari operatori (siano essi operatori tpl, realtà del bike sharing o car sharing…), per essere sicuri che il MaaS sia un’opportunità interessante per i vari player».

Per gli operatori del trasporto pubblico l’idea di posizionarsi fianco a fianco ad altre modalità di mobilità, come ad esempio la sharing mobility, potrebbe rappresentare
una sfida…

«Non credo. Il MaaS deve avere un obiettivo sociale. Qualunque sia il modello scelto, un sistema MaaS deve mettere al centro il trasporto pubblico. La domanda principale è ‘come’. Qualunque mezzo allontani il viaggiatore dall’auto privata è positivo: camminare, andare in bicicletta, condividere l’auto, condividere le biciclette, sono tutti elementi positivi per il trasporto pubblico. Non c’è opposizione né concorrenza. Potrei aggiungere che nelle prime fasi di implementazioni MaaS abbiamo assistito soprattutto a iniziative private, ma ora siamo in una fase in cui la svolta decisiva sta probabilmente avvenendo grazie ad operatori e autorità del trasporto pubblico, sempre più al centro del sistema, almeno in Europa. Ne vediamo esempi nella regione di Parigi, in Spagna, in Italia. Milano sta implementando una piattaforma che porterà la città all’avanguardia nello sviluppo del MaaS».

Il tema della governance è fondamentale… un modello commerciale in cui i dati sono nelle mani di un attore commerciale non è rischioso?

«Credo fermamente che oggi, visto che siamo in una fase iniziale, sia importante lasciare che i vari modelli si sviluppino. Che siano guidati da aziende private, da piccole aziende di trasporto pubblico, da giganti del digitale, da autorità tpl… Vedremo cosa succede. Dobbiamo assicurarci di non creare barriere a nessun modello. Naturalmente tutti dovranno garantire la protezione dei dati attraverso accordi contrattuali per la condivisione dei dati. Del resto abbiamo tutti bisogno di un modello finanziariamente sostenibile, anche sul versante pubblico. È necessario un business case»

In che modo Uitp sta supportando le implementazioni MaaS? 

«Stiamo lavorando molto sul ticketing e sui pagamenti, ad esempio con la Smart Ticketing Alliance. Stiamo promuovendo un approccio aperto attraverso varie iniziative e facilitando gli scambi sul tema. In poche parole, stiamo cercando di essere attivi come facilitatori di soluzioni MaaS»

Vi aspettate che gli operatori del trasporto pubblico finiscano per modificare, in qualche modo, i propri servizi all’interno dei sistemi MaaS? Questo potrebbe tradursi in maggiore efficienza, a un aumento dei servizi on-demand o ad altri tipi di conseguenze?

«Non credo che il driver per il cambiamento sia il MaaS e la concorrenza della sharing mobility. Ci stiamo concentrando su una parte molto piccola del quadro: la parte grande del quadro è la competizione con l’auto privata. È questa la grande sfida. Il motore del cambiamento è l’evoluzione del trasporto pubblico stesso: qual è il livello di utenza? È inferiore a quello pre-pandemia? Come recuperare? Il modello di business ne ha risentito? È necessario esplorare il potenziale della tecnologia, ad esempio verso un trasporto più aderente alla domanda. Che sia fornito dagli operatori del trasporto pubblico o da altri, c’è chiaramente un grande spazio per il trasporto a chiamata e su richiesta come soluzione complementare al tpl tradizionale. Vediamo chiaramente gli operatori del trasporto pubblico investire in queste soluzioni, è una tendenza indipendente che non ha nulla a che fare con il MaaS»

In passato è capitato spesso che la sharing mobility non riuscisse a rispettare le aspettative create (pensiamo al bike sharing free floating…). A che punto siamo ora?

«Le soluzioni di mobilità condivisa sono qui per restare. Non tutte hanno trovato un modello di business sostenibile, ma il mercato sta maturando. Il car sharing è finanziariamente sostenibile in molti luoghi, e anche alcune tipologie di bike sharing funzionano bene. Ci sono aziende che stanno lavorando dietro le quinte. C’è un mercato, c’è una crescita di utenti, ma il successo di queste iniziative si basa su infrastrutture e incentivi».

Quale ruolo possiamo immaginare per i Gafa (acronimo per  i giganti digitali Google, Amazon, Facebook, Apple, n.d.r.) all’interno dei modelli MaaS e di sistemi di mobilità?

«Se mi avesse fatto questa domanda qualche anno fa le avrei risposto che sono destinati a diventare attori importanti. Ad oggi, tuttavia, non vedo una strategia specifica da parte loro su questo tema e non vedo un interesse strategico in questo settore. Il trasporto pubblico ha un modello di business molto complicato e il margine che si può ottenere è molto ridotto. Ma la vera risposta, la più onesta, è: non lo so».

(Riccardo Schiavo)

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