ANAV, l’Associazione del trasporto di passeggeri con autobus di Confindustria, ha presentato oggi i risultati dello studio “Transizione energetica e neutralità tecnologica nel tpl” condotto da RINA, multinazionale di ispezione, certificazione e consulenza ingegneristica, che, seguendo un approccio tecnologicamente neutro, sintetizza le condizioni tecniche e normative che rendono necessaria una transizione energetica graduale per raggiungere i target di decarbonizzazione prefissati.

Dai risultati dello studio si evince l’importanza dello shift modale, dalla mobilità privata verso il trasporto collettivo, come elemento catalizzatore per la decarbonizzazione del settore passeggeri. «Il totale degli autobus in circolazione sul territorio nazionale incide solo per lo 0,7% delle emissioni climalteranti – sottolinea il Presidente di ANAV, Nicola Biscotti, riprendendo lo studio di RINA -, mentre la sola realizzazione dell’obiettivo di shift modale previsto nel Pnrr, ovvero di trasferimento alla mobilità collettiva del 10% della mobilità privata motorizzata, sarebbe in grado di realizzare un risultato doppio, cioè pari alla riduzione del 1,7% del totale delle emissioni climalteranti».

Nel breve e medio periodo, l’inserimento nel parco veicolare di mezzi a zero emissioni è condizionato da vincoli tecnologici e di infrastruttura, nonché dai costi di realizzazione mediamente più alti, soprattutto per i veicoli a batteria elettrica e a idrogeno. Alla luce di questo scenario, i veicoli di ultima generazione ad alimentazione tradizionale e ibrida possono ancora costituire un’alternativa, accanto alle potenzialità offerte dai biocarburanti ritenuti meritevoli di attente indagini e sperimentazioni.

La crisi innescata dallo scenario geopolitico attuale ha comportato una crescita del prezzo dell’energia e, in particolare, del metano e dell’energia elettrica. «Prezzi che oggi – prosegue Biscotti -, anche nello scenario migliore, sono comunque superiori nell’arco di vita utile del veicolo a quelli delle alimentazioni tradizionali, per valori fino al 25% come nel caso dell’autobus elettrico».

Un primo ritorno di esperienza presentato dallo studio suggerisce, inoltre, un coefficiente di sostituzione degli autobus a gasolio con quelli ad alimentazione elettrica compreso tra 1 e 2; fattore che può variare a seconda delle caratteristiche del tracciato, del profilo di missione, della tipologia di mezzo e di altri fattori ambientali.

Accanto agli aspetti già citati, lo studio identifica nell’ampliamento dell’offerta di tipologie di bus e nell’apprendimento delle competenze relative ai veicoli le altre sfide centrali a cui l’intero settore dovrà far fronte nel breve periodo per consentire l’entrata a regime delle nuove tecnologie a zero emissioni.

Per quanto riguarda la capacità produttiva del nuovo settore, secondo Biscotti «occorre tenere conto che entro la fine di quest’anno dovranno essere sostituiti quasi 10mila bus Euro 2 ed Euro 3, i quali dall’anno prossimo non potranno circolare per effetto dei vincoli di legge vigenti»

«Un approccio graduale alla transizione energetica – conclude Biscotti -, portata avanti anche con tecnologie tradizionali supportate da combustibili a basso impatto carbonico, è dunque la soluzione migliore per aumentare la qualità del servizio e la sua attrattività, indispensabili per stimolare lo shift modale dalla mobilità privata a quella pubblica, coniugando il rispetto delle esigenze di adeguamento degli operatori, delle tecnologie e del settore al requisito della sostenibilità ambientale».

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