Per tamponare l’emorragia non basta e non basterà l’ingresso di professionisti stranieri extra Ue. Se non vogliamo ritrovarci tra qualche anno con i servizi di bus e linea tagliati con l’accetta per mancanza di personale bisogna invertire la rotta, con le idee ben chiare, il prima possibile.
Perché i numeri di questa crisi sono allarmanti…

La sveglia sta suonando da diverso tempo, ma è come se qualcuno la stessa rimandando sistematicamente. L’allarme è rosso ed è quello della sempre più preoccupante carenza di autisti. Un recente approfondimento curato dall’Iru (l’Unione Internazionale Trasporti Stradali) è tornato a sottolineare la problematica. E il carotaggio effettuato non lascia spazio a interpretazioni: nel corso del 2023 la mancanza di conducenti in Europa è aumentata del 54 per cento e le posizioni vacanti per questa professione sono ben 105mila, di cui 10mila in Italia (+11per cento sul 2022). La previsione? Al 2028 il Vecchio Continente si troverà in pienissima emergenza, con un buco di 275mila unità. Insomma, c’è da fare (tanto) e bisogna fare presto, anzi, subito.

Era il 30 novembre dello scorso anno quando a Roma, l’Anav presentava lo studio ‘La carenza di conducenti nel trasporto passeggeri di autobus. Un’emergenza globale. Proposte per arginare il fenomeno’ per lanciare l’ennesimo grido d’allarme. Non il primo lanciato dall’Associazione nazionale autotrasporto viaggiatori’.  Per inquadrare il fenomeno nel panorama europeo, può bastare il rapporto Eures su carenze ed eccedenze di figure professionali nel 2022, realizzato dall’Autorità europea per il lavoro, e può bastare un solo dato: il cinquanta per cento dei Paesi membri, ovvero 14, hanno classificato la carenza di conducenti come problematica ‘grave’. E così è, parametrata alla centralità del settore del trasporto con autobus, spina dorsale della mobilità collettiva e della decarbonizzazione. Infatti, autobus e coach – stimati in circa 920mila in tutt’Europa, guidati da 905mila professionisti – si fanno carico dell’8 per cento del volume totale dei trasporti via terra di passeggeri in Europa, pari a 0,5 miliardi di passeggeri-chilometro all’anno. 

Italia ai ‘raggi x’

Il trasporto pubblico locale tricolore vive di 900 imprese attive, 41mila autobus circolanti in servizio e circa 90mila addetti. Nel trasporto commerciale (noleggio con conducente e linee), invece, sono attive ben 5mila aziende, i mezzi immatricolati sono 30.496 e i lavoratori sono circa 30mila. Questo il contesto nel quale si è mossa e ha scavato l’indagine Anav, che ha messo sotto la lente un campione rappresentativo del settore: 150 aziende e 14.408 autisti, pari al 16 per cento del totale. Cinquanta le aziende del Nord Italia (forti di 5.349 conducenti), ventiquattro quelle del Centro (5.231) e 76 quelle del Meridione e delle Isole (3.828). Bene, sul totale complessivo le donne conducenti sono appena il 6 per cento (864). Geograficamente parlando, sono il 6 per cento al Settentrione, il 9 per cento al Centro e solo il 2 per cento al Sud e in Sicilia e Sardegna. 

Se è bassa la percentuale di donne, è abbastanza alta l’età media dei driver, che si attesta a 49 anni per gli uomini e a 43 per le donne. Gli autisti più giovani sono al Sud, dove la media è di 46 anni per le donne e 44 per le donne. Stessi dati per Nord e Centro dello Stivale: 50 anni per gli uomini e 45 per le donne. La nazionalità dei conducenti è quasi interamente italiana (97 per cento), ma si conta un tre per cento di stranieri: l’1,2 per cento proviene da Paesi extraeuropei, mentre l’1,8 per cento da altri Stati dell’Ue.

I numeri della crisi

La carenza emersa dal campione preso in esame è del 9,1 per cento, pari a 8.190 professionisti su una dotazione organica complessiva di 90mila. L’emergenza è più marcata a Nord (11,9 per cento) rispetto al Sud e alle Isole, dove manca il 5 per cento del personale totale in servizio. Il Centro, invece, è in linea col dato nazionale (9,2 per cento). Il 67 per cento delle imprese, ovvero 101 su 150, denuncia la carenza di personale, mentre 49 non rilevano difficoltà assenze in organico. Insomma, due aziende su tre sono in difficoltà.  Ma, c’è un primo grosso ‘ma’: quarantanove delle cinquanta aziende del Settentrione registrano mancanza di professionisti al volante. Va un po’ meglio al Centro, dove su 24 realtà prese in esame, il 75 per cento (dunque 18) rileva difficoltà. Situazione abbastanza sostenibile al Sud e nelle Isole, dove la maggioranza degli operatori – il 55 per cento – non ha ammanchi. Quindi, il secondo grosso ‘ma’: il settanta per cento delle difficoltà ammesse è da considerarsi rilevante, visto che il 39 per cento delle aziende ha parlato di ‘grandissime’ difficoltà e il 31 di ‘grandi difficoltà’. Si tratta di problema ‘moderato’ per il 21 per cento e di problematica risibile per il 5 per cento. Mentre il 4 per cento, tutte al Sud e nelle Isole, non ha nessuna difficoltà. 

Dove e come intervenire

La questione anagrafica e l’equilibrio di genere sono le prime due barriere che balzano all’occhio. Perché ci sono così pochi autisti giovani e di sesso femminile? Non vi è una risposta omnicomprensiva che possa spiegare la crisi di questa figura professionale. Ci sono però diversi fattori che concorrono: in primis una questione, se vogliamo, culturale: oggigiorno il lavoro del conducente viene visto come un lavoro di ‘serie b’, poco appetibile, che richiede sacrifici (che prevede per sua stessa natura turni serali o nei festivi, per non parlare delle lunghe trasferte di chi fa turismo). Ma anche ‘poco’ pagato e allo stesso tempo paradossalmente costoso da ottenere, visti gli oneri per ottenere la patente D (dai 700 ai 1.000 euro) e la Carta di Qualificazione del Conducente (da 850 fino a 5.000 euro). Il tutto legato al fatto che l’età minima per ottenere la patente D è fissata a 21 anni, ragione per la quale la stessa Anav chiede una revisione della direttiva patenti, per eliminare quello che inquadra come uno dei principali ostacoli all’ingresso di giovani alla professione: il divario tra l’età in cui ragazze e ragazzi terminano le scuole e quella in cui possono diventare autisti professionisti. Per tamponare l’emorragia, molte aziende associate ad Anav hanno dato vita ad Academy per formare personale qualificato, sostenendo le spese per il conseguimento della patente e della Cqc: ad oggi sono attive circa cinquanta iniziativa che porteranno all’ingresso nel mondo del lavoro un migliaio di autisti. ‘Piutost che nient l’è mej piutost’, dice un noto proverbio milanese, ma non ci possiamo certo accontentare. 

Fabio Franchini

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