di Matteo Carrer*

La Corte costituzionale ha pronunciato la sentenza 22 novembre 2018, n. 5/2019, su un tema di sicuro interesse per il mercato del noleggio con conducente di autobus, attuale e in prospettiva. Vediamo prima gli aspetti giuridici della decisione e poi un dettaglio, molto interessante, quasi nascosto nelle pieghe della motivazione. La questione di costituzionalità era stata sollevata dal TAR Piemonte e aveva come oggetto l’art. 12, co. 1 e 2 della legge regionale Piemonte 2/2006 (“Norme in materie di trasporto di viaggiatori effettuato mediante noleggio di autobus con conducente”), il quale prevedeva che, in attesa dell’entrata in vigore «di apposita normativa nazionale in materia di requisiti di età dei veicoli adibiti ad attività di noleggio di autobus con conducente, al fine di tutelare la sicurezza degli utenti e dei lavoratori, è vietato alle imprese autorizzate all’esercizio di tale attività l’utilizzo di veicoli di età superiore a quindici anni qualora essi abbiano raggiunto una percorrenza di un milione di chilometri certificata con gli strumenti previsti dalle normative vigenti». Il Tribunale amministrativo di Torino segnalava un contrasto con gli articoli 3, 41 e 117 della Costituzione, ovvero con il principio di uguaglianza, con la libertà d’impresa e con la ripartizione della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni. Due ragioni sostanziali e una ragione tecnica.

Piemonte noleggio

Dopo il Piemonte anche la Lombardia

È interessante notare che il legislatore piemontese aveva posto delle limitazioni all’utilizzo di autobus da noleggio in ragione della tutela della “sicurezza degli utenti e dei lavoratori”. Una ragione del tutto degna, ma che probabilmente celava un ulteriore profilo, quello del generale e crescente contrasto all’utilizzo dei motori Diesel. Non a caso, la Regione Lombardia era intervenuta a disciplinare aspetti del tutto simili con il regolamento regionale 22 dicembre 2014, n. 6, con il quale voleva impedire l’utilizzo per attività di noleggio di autobus «con caratteristiche tecniche tali da garantire il contenimento delle emissioni dei gas di scarico nel rispetto della normativa comunitaria, nazionale e regionale in materia, e con anzianità massima non superiore» a una soglia massima fissata, dopo alcune modifiche e rinvii, in 17 anni.

Poiché la Corte costituzionale giudica della legittimità costituzionale delle sole leggi e degli atti con forza di legge, il regolamento lombardo ha seguito una via giuridica differente. Ovvero, dopo la sentenza della Consulta, è stato annullato dal Consiglio di Stato (con sentenza 823/2019) nelle parti che replicavano la normativa piemontese. La sentenza 5/2019 della Corte costituzionale è di accoglimento, ovvero dichiara il contrasto con la Costituzione della norma piemontese, la quale ha cessato di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della pronuncia.

La Regione? In questo caso ha meno competenze

L’argomentazione utilizzata dal Giudice delle leggi è lineare: innanzitutto, ricostruisce brevemente la storia della competenza in tema di trasporto pubblico non di linea, osservando che prima della riforma del 2001 afferiva alla materia “tranvie e linee automobilistiche di interesse regionale” e, dopo il 2001, «la materia del servizio pubblico di trasporto, di linea e non di linea, è transitata nell’ambito della competenza regionale residuale, [mentre] la materia della sicurezza della circolazione e dei veicoli è rimasta di competenza esclusiva statale. Per quel che riguarda più precisamente la revisione dei veicoli, la sua disciplina “si innesta nelle materie della sicurezza e dell’ambiente”».

I criteri di tutela della libertà di concorrenza

In secondo luogo, la sentenza prende in considerazione la legge statale 218/2003, la quale costituisce «esercizio delle competenze esclusive statali in materia di tutela della concorrenza e di sicurezza e concilia i due interessi, potenzialmente confliggenti, al libero esercizio dell’attività di NCC e alla sicurezza del trasporto».

Terzo passaggio logico, la Corte ricorda un precedente specifico, ovvero la sent. 30/2016, con la quale aveva dichiarato l’incostituzionalità di una norma della medesima legge piemontese (l’art. 12, co. 3, che imponeva di incrementare il parco aziendale solo con autobus nuovi). Nella sent. 30/2016 la Corte ritenne che le Regioni non possono introdurre limiti che penalizzerebbero le imprese di trasporto sul proprio territorio modificando i “criteri di tutela della libertà di concorrenza”.

Legge regionale ‘contraria’ alla Costituzione

I tre passaggi logici evidenziati conducono in una direzione: l’incostituzionalità della norma piemontese. Nelle parole della Corte costituzionale: «si deve pertanto concludere nel senso che essa incide negativamente sul livello di tutela della concorrenza fissato dalla legge statale. Per quanto di contenuto in sé non irragionevole, la disposizione eccede dunque l’ambito costituzionalmente definito della potestà legislativa regionale».

L’ultima frase è decisiva. La Regione Piemonte ha legiferato in un settore che è posto al di fuori della propria potestà legislativa, dunque il suo intervento è contrario a Costituzione. Anche se la Corte costituzionale in apertura della motivazione ritiene che la questione «ha carattere misto, di sostanza e di competenza», in realtà prevale l’aspetto di competenza. Infatti, specifica che il contenuto della norma piemontese non è in sé irragionevole. Ciò significa che – almeno a giudicare da questo breve passaggio – limitare l’utilizzo dei mezzi da noleggio per numero di chilometri, per anzianità di immatricolazione o per una combinazione dei due elementi è possibile, soltanto non spetta alle Regioni, ma unicamente allo Stato.

Attenzione alla concorrenza

È evidente che questa limitazione, anche se di carattere nazionale, avrebbe conseguenze molto pesanti sul mercato degli autobus, nuovi e usati, e sul mercato del servizio di noleggio. Esporrebbe le imprese italiane alla concorrenza internazionale di soggetti non tenuti agli stessi obblighi; imporrebbe una svalutazione pressoché totale dei mezzi che raggiungono una vera e propria scadenza prefissata e generalizzata; di conseguenza farebbe aumentare il costo del servizio di noleggio, riducendo la domanda. A questo punto ci si può legittimamente domandare se l’affermazione della Corte costituzionale, per cui la normativa non è in sé irragionevole, non sia un poco affrettata. Davvero non è irragionevole – nel senso di non incoerente con la Costituzione – che la legge imponga simili limiti a interi mercati (autobus, nuovi e usati, e NCC)? La domanda, al momento, è aperta perché la sentenza 5/2019 non entra nel merito. Quel che è certo è che, per operare un bilanciamento, è necessario portare all’attenzione di chi decide tutti gli elementi coinvolti. E, per quanto si parli di tutela della concorrenza, nella sentenza 5/2019 sembrano rappresentate – peraltro totalmente sottotraccia – le sole ragioni della lotta all’inquinamento nella specifica forma di politiche di contrasto ai grandi motori Diesel.

*Docente presso l’Università degli studi di Bergamo.

 

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