Dopo il racconto-testimonianza dell’ex conducente Alessandro Razze – che abbiamo pubblicato a puntate nei mesi scorsie aver dato spazio alle riflessioni autisti ancora al volante, la parola passa ora ad associazioni, operatori, sindacati e autoscuole. Per capire (meglio) le ragioni del fenomeno, ormai cronico, della carenza di autisti. E per tracciare la rotta per rilanciare la professione.

I numeri, si dice, non mentano mai. E allora i dati raccolti dall’Iru (Unione Internazionale Trasporti Stradali) sull’ormai cronica carenza di conducenti raccontano un’amara verità: a livello mondiale, mancano all’appello mezzo milione di autisti, di cui circa 20mila in Italia. Un numero, questo, che ingloba anche i professionisti impegnati nel trasporto merci; sul fronte del trasporto persone, si parla di 7 mila unità, anche se la sensazione di molti è che si tratta di stime (fortemente) al ribasso.

Insomma, problema annoso e non solo italiano, dunque. Prendendo in considerazione il vecchio continente, dal 2020 al 2021 sono aumentate vertiginosamente (del 42 per cento) le posizioni di guida aperte. Per avere ulteriormente chiaro il quadro della situazione, basti dire che da gennaio a settembre 2022 la domanda di autisti in Europa è aumentata del 44 per cento. E l’età media è sempre più alta: i giovani, infatti, sono un’esigua minoranza, pari – appena – al 6 per cento del totale. E le donne? Il 3 per cento. Relativamente ai soli conducenti di bus e coach, nel 2021 l’Iru conta 6.700 professionisti mancanti – un numero che si è ingrossato nel corso del 2022 – mentre di quelli in servizio solo il 7 per cento è donna, il 2 per cento è under 25 e ben il 29 per cento è over 55. Insomma, qualcosa non va.

Carenza autisti, parola alle associazioni

Arrigo Giana Agens

«La carenza di autisti è l’ulteriore prova che il rapporto tra individui e lavoro, sistemi di rappresentanza, relazioni sindacali, qualità del rapporto tra azienda e lavoratore, vanno ripensati»

«La scarsità di alcune figure professionali nel trasporto, tra queste la più lamentata quella sdegli autisti, non è un accidenti della storia, ma un ulteriore prova che il rapporto tra individui e lavoro, sistemi di rappresentanza, relazioni sindacali, qualità della relazione complessiva tra azienda e lavoratore, vanno completamente ripensati», spiega Arrigo Giana, presidente Agens. Che, a seguire, aggiunge: «Come in quasi tutti i fenomeni umani e sociali, ci sono almeno due modi opposti di provare a gestirli: uno ristretto e congiunturale, in cui si rincorrono banalità quali, ad esempio, che la gente non ha voglia di lavorare o che tutto si risolverebbe alzando gli stipendi, e uno più grande, con un orizzonte largo, che si interroga davvero sul cosa, sul perché e, infine, sul come uscirne». «Le statistiche ci dicono che il rapporto tra persone e lavoro è profondamente cambiato e non in meglio. Vengono abbandonati migliaia di posti di lavoro a tempo indeterminato, posti pubblici non presi da chi ha vinto il concorso. Anomalie insospettabili fino a poco tempo fa. Dobbiamo agire sul ‘qui ed ora’ e Agens insieme alle proprie aziende associate sta per lanciare iniziative in tal senso», conclude Giana.

Biscotti presidente Anav

«C’è un problema sociale: il mestiere del conducente venti anni fa era un punto d’arrivo per molti giovani, oggi non è più importante e viene visto come un lavoro di ripiego»


Da Agens ad Anav, il cui presidente Nicola Biscotti ha sferzato il nuovo esecutivo a intervenire per tamponare questa emergenza: «Il problema dell’emorragia di conducenti c’è dappertutto, e con tutti i tipi di stipendio, per cui abbiamo sollecitato il parlamento a incentivare l’acquisizione della patenti, ma bisogna andare oltre, coinvolgendo anche il ministero dell’Istruzione. Questo è un tema che diventerà impattante nei prossimi anni. C’è un problema sociale: il mestiere di autista venti anni fa era un punto di arrivo per molti giovani: oggi, invece, non è più importante», le parole di Biscotti.

Andrea Gibelli presidente Asstra

«Occorrono investimenti per la formazione e la capacità di sviluppare sinergie tra tutti gli attori, oltre a un assetto normativo snello, che guardi al futuro della professione, intervenendo su barriere e tempi di accesso»

Sulla stessa lunghezza d’onda Andrea Gibelli, numero uno di Asstra: «La carenza di autisti è un fenomeno con cui le aziende del tpl si confrontano da tempo e che va addebitato a diversi fattori, che vanno dai costi per l’acquisizione delle abilitazioni professionali, fino all’età in cui si raggiunge la stabilità del lavoro».
Dunque, il presidente Asstra racconta le contromosse di alcune aziende per ovviare alla problematica: «Molte realtà stanno affrontando il problema in modo innovativo, favorendo i giovani grazie a incentivi per l’acquisizione della patente e una formazione dedicata, anche attraverso vere e proprie ‘Academy’ che intendono valorizzare il know how aziendale e costruire un ponte tra generazioni di operatori. Ecco, in questo ambito è vitale la sinergia con gli istituti di formazione, le regioni e gli enti locali».
Infine, Gibelli chiosa: «Le linee evolutive di questa professione, tanto importante per la vita quotidiana dei cittadini, sono chiare: digitalizzazione e transizione energetica (fortemente volute a livello comunitario e contenute dal Pnrr), stabilizzazione del lavoro e sviluppo del senso di appartenenza all’azienda e alla comunità, sono sicuramente basi comuni nel sistema da cui partire per affrontare in modo costruttivo il problema. Occorrono investimenti per la formazione e capacità di sviluppare sinergia tra tutti gli attori, oltre a un aspetto normativo snello e moderno capace di guardare al futuro di questa professione, intervenendo sulle barriere e sui tempi di accesso».

Nelle prossime settimane il punto di vista dell’Associazione Nazionale Bus Turistici Italiani, di tre operatori come Seta, Autoguidovie e Marinobus, al quale si aggiungeranno anche le posizioni della Filt Cgil e di Unasca.

(dal numero di Autobus di dicembre 2022)

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