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Marco Lazzoni, direttore generale Man Truck&bus Italia, 59 anni, ingegnere. Alle spalle una lunga esperienza nel mondo dei veicoli industriali, davanti la sfida di un mercato, quello italiano, che viaggia con il freno a mano tirato. Autobus lo ha incontrato in occasione dell’annuale appuntamento di Arriva Italia.

Il 2015 si chiude con un segno più. Il suo Gruppo ha messo a segno risultati positivi sia nel settore pubblico sia in quello privato. Quali sono le prospettive per il 2016?

«In linea generale abbiamo visto un mercato in crescita. Le aspettative sono di un altro anno con il segno più. Anche perché i parametri economici esterni indicano un trend positivo. Certo, è difficile stabilire la dimensione di questo ‘più’. Comunque siamo ottimisti. Cresceremo ancora, ne siamo convinti».

Fatto 100 il fatturato della Man & Truck&Bus Italia, qual è il peso del settore bus?

«Le dico subito che la voce ‘bus&coach’ è una voce importante per il nostro bilancio. Non farei un discorso in termini di unità vendute ma di volumi. Le posso dire che l’autobus copre circa un terzo del totale. Un ottimo risultato direi».

Lei che ha un visione ad ampio spettro, sia per la posizione che ricopre sia per le esperienze precedenti, ci può dire quali sono i plus dei prodotti Man?

«La tecnologia tedesca significa qualità. Qualità che si riflette su due parametri significativi: affidabilità del prodotto e consumi ridotti. E queste sono due qualità indiscutibili dei prodotti con il nostro marchio».

La crisi economica si è riflessa pesantemente sul finanziamento pubblico e il rinnovo del parco circolante tarda a venire. Secondo lei, è arrivato il momento di puntare con più coraggio sulle aziende private? È giusto liberalizzare un servizio che sembra avvitarsi su se stesso e fatica a rinnovarsi?

«Personalmente non ho una visione dogmatica del pubblico verso il privato. Io credo ci siano in Europa ottimi esempi sia di pubblico sia di privato. Quindi penso che dovrebbe essere sgombrato il campo da posizioni ideologiche e che si bisognerebbe portare il dibattito sul terreno della concretezza e della misura della perfomance. Esistono grandi gruppi privati che fanno un eccellente lavoro sia dal punto di vista economico sia delle ricadute sul sistema sociale. E se me lo permette, il Gruppo Arriva che oggi (19 dicembre 2015 n.d.r.) celebriamo è proprio l’esempio che si può sviluppare rete e qualità investendo e rinnovandosi».

Per cui lei propende per il privato…

«No, non per forza, Ci sono aziende pubbliche che offrono un servizio impeccabile e che riescono a sviluppare qualità elevata. Dobbiamo essere concreti, e credo che l’Europa si stia muovendo in questa direzione».

Chiudiamo con una domanda di prospettiva industriale. In futuro in casa Man assisteremo anche nel bus ad un’integrazione di sistemi e di componentistica come quella già annunciata per settore truck?

«La politica del gruppo è quella mantenere vive le ricchezze dei brand. Ovviamente un grande Gruppo industriale ha anche l’obiettivo di realizzare maggiore efficienza e quindi di fare delle scelte che possano in qualche maniera creare migliori economie di scala. Ma ritengo che le identità dei brand, anche sotto il profilo tecnologico, rimarranno».

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