BLOG / Vi racconto il mio tpl sulla 54 (Prima Parte)
di Gianluca Celentano Sono passati tanti anni ma i ricordi della mia linea 54 sono piĆ¹ vivi che mai. Una linea mista che partiva dalla periferia est di Milano, a Lambrate, attraversava il trafficato centro e faceva capolinea in piazza Diaz vicino al Duomo, consentendomi di salutare la Madonnina a ogni giro. In attesa ai […]
di Gianluca Celentano
Sono passati tanti anni ma i ricordi della mia linea 54 sono piĆ¹ vivi che mai. Una linea mista che partiva dalla periferia est di Milano, a Lambrate, attraversava il trafficato centro e faceva capolinea in piazza Diaz vicino al Duomo, consentendomi di salutare la Madonnina a ogni giro.
In attesa ai semafori in corso Concordia o in corso Monforte ero colpito dalla presenza del solo conducente a bordo di lussuose berline, a volte in compagnia di un attento cagnolino che ti guardava, pronto ad abbaiare se dal finestrino del bus gli mostravi attenzione.
Dalla periferia al centro lāutenza cambiava, cosƬ come cambiavano le professioni degli utenti in funzione degli orari. Di prima mattina erano i turnisti e gli operai ancora assonnati a prendere la 54 magari per incrociare altre linee; in centro invece cāerano quelli che definivo āgli incravattatiā. Professionisti sempre molto presi e spesso poco avvezzi a domandare per favore o ricambiare con un grazie una nostra cortesia. Ascoltando gli anziani pare che prima degli anni ā90 anche āgli incravattatiā fossero molto piĆ¹ āumaniā se mi fate passare il termine. La linea 60 invece, era la linea degli avvocati perchĆ© passava davanti al tribunale in corso di Porta Vittoria. In base alla prevalente tipologia di utenza, ogni linea aveva una sorta di soprannome, difficoltĆ maggiori o piĆ¹ tranquillitĆ . Le circolari 90 e 91 ad esempio, sono ancora denominate il Bronx.
Qualcosa di piĆ¹ di un autista
Insomma 12 anni di tpl in una delle cittĆ piĆ¹ complesse dāItalia mi hanno fatto capire che lāautista del tpl ĆØ qualcosa di molto di piĆ¹ di quello che si ĆØ soliti pensare.
Lāattenzione durante il turno devāessere sopra la media, cosƬ come la prontezza e soprattutto la previsione delle manovre altrui, auto, pedoni, bici, furgoni, sportelli che si aprono e tanto altro ancora. Impari a passare a pochi centimetri da ostacoli che farebbero desistere anche un asso del volante e a frenare con dolcezza anche quando lāistinto ti farebbe pestare a fondo sul freno. Ma non bastano questi esempi per definire ātecnico della conduzioneā un autista del tpl milanese, al suo lavoro si aggiunge molto altro e, a al conducente del noleggio tanto altro ancora. Basti pensare alle continue provocazioni, alle insulse domande, alle problematiche di servizio o alla scarsa considerazione.
Qualcosa di meno dal noleggio
I limiti tecnici di questa figura, almeno a Milano, sono legati alle manovre di retromarcia e alla ripetitivitĆ della professione. Infatti, visto lāinteso traffico e i rischi connessi, lāATM invitava a non eseguire la manovra senza lāausilio di un collega che osservasse posteriormente. Anche i controlli dei livelli o il rifornimento sono tuttāora affidati al personale preposto e, quando qualche autista si trova ad approdare dal tpl al noleggio, inizialmente si rende conto di avere una certa carenza tecnica in queste operazioni. Nel noleggio sei da solo con la tua esperienza e devi inoltre cercarti le strade giuste, nel tpl sono giĆ testate. Occhio quindi a finire āfuori lineaā perchĆ© senza la dovuta malizia rimanere bloccati e tuttāaltro che difficile.
Eravamo una famiglia
Sono stati anni indimenticabili: arrivare in rimessa alla mattina presto, scambiare chiacchiere e battute davanti alla macchinetta del caffĆØ con i colleghi nella saletta autisti dopo aver preso tabella e cedola. Tra i colleghi ricordo Salvatore Falzone che era un maestro nel saper raccontare le barzellette e farci iniziare con il sorriso, qualcun altro faceva animati comizi altri parlavano di tempo libero, altri ancora si sfogavano con perenni lamentele. Il tempo passava velocemente nella saletta e quello che dovevi chiedere doveva essere formulato rapidamente lasciando spazio anche alle normali conversazioni amichevoli che, in un certo senso, ci univano. Le conversazioni tra conducenti dipendevano dalle linee assegnate: fra i colleghi della tua linea sottolineavi le problematiche di viabilitĆ per scoprire che anche i colleghi di altre linee avevano in realtĆ gli stessi problemi. Quello che cambiava era lāutenza e i commenti sugli habituĆ© e le loro piĆ¹ o meno apprezzabili consuetudini. Stiamo infatti facendo il focus su Milano, una realtĆ metropolitana che non ha grandi differenze su percorrenza, vivibilitĆ e rapporti sociali. Le cose cambiavano con le linee corte esercitate in altri comuni, lƬ spesso il clima era meno agitato . Nella saletta cāerano spesso i rappresentati sindacali che svolgevano solo il primo turno alla mattina e, intorno a loro, si raccoglievano gli iscritti. Si innescava una simpatica gara a chi offriva il caffĆØ utilizzando moneta o chiavetta elettronica, magari per farseli amici sperando in un cambio di linea il meno burocratico possibile.
Nella saletta era un po’ era come avere un orologio biologico in base al turno e allāorario di uscita. Pian piano ci dileguavamo nel piazzale ā il famoso piazzale ā pronti a metter in moto i nostri autobus: iniziava il servizio e le sue incognite.