di Gianluca Celentano

Una tappa obbligata raccontando la vita dell’autista è un passaggio nel mondo sindacale, una realtà oggi stretta tra l’imbarazzo delle concertazioni con le aziende e il successivo rapporto con i conducenti.

Nel tpl esercitato dalle partecipate la componente sindacale è molto radicata anche se da diversi anni la disaffezione dei conducenti verso le OO.SS è divenuta evidente. La stragrande maggioranza degli autisti considera il mondo sindacale, soprattutto quello firmatario degli accordi, non più come una missione sociale bensì come un’opportunità per avere sviluppi di carriera personale o addirittura come un trampolino per la vita politica. Opinioni che senz’altro dovrebbero far riflettere e per le quali anche i sindacati dovrebbero forse sentirsi in colpa.

La struttura sindacale è sostanzialmente gerarchica, si parte dalla rimessa con i delegati che dopo un certo periodo di anni raggiungono incarichi nelle rispettive segreterie o nuovi impieghi nelle aziende più grandi. Si dividono in firmatari e non firmatari ,cioè coloro che garantiscono un’opposizione verso scelte non condivise. Tuttavia le concertazioni ai tavoli delle aziende non sono certo semplici e, sui piazzali, prevale la rassegnazione. Una rassegnazione che si traduce in percentuali poco incoraggianti di adesione agli scioperi.

Sbarramento alla tedesca?

Su Radio 24 – segue nel servizio video – il giornalista Simone Spetia ha intervistato il numero uno di ATM Milano Arrigo Giana circa una proposta di legge per la limitazione degli scioperi nel tpl per le sigle minoritarie. Il servizio ha inevitabilmente suscitato interrogativi sulla libertà d’associazione e di sciopero, ma l’AD Giana ha citato l’esempio di altri Paesi UE – professionalmente diversi dall’Italia – dove la  regolamentazione ha prodotto buoni risultati evitando di far collassare il traffico nelle città.

I sindacati firmatari

Per far chiarezza ho contattato un sindacalista firmatario, il segretario provinciale di Faisa Cisal  Sergio Di Matteo, che è stato molto obiettivo nelle spiegazioni. Sostiene che in molte occasioni le motivazioni di sciopero tra le organizzazioni, firmatarie e non, sono simili, ragion per cui diventa deleterio continuare a proclamare scioperi da due direzioni diverse sfiancando i lavoratori e rendendo vani i risultati finali della protesta. Quindi stando a Di Matteo, che mi dice di porre molta attenzione alla libertà delle idee altrui, non si tratta di una limitazione, ma della constatazione di una realtà che vede nella sola partecipata milanese l’esistenza di ben 13 micro sigle che potrebbero rendere vano il lavoro dei firmatari. Mi informa dell’esistenza dell’art 2 della riformata legge 146 sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, evidenziandomi le procedure per programmare e indire gli scioperi, passate da 10 a 20 giorni e non solo su scala aziendale ma territoriale in ambito tpl. Quindi il rischio di sovrapporre eccessivamente le agitazioni è evidente. 

… e i non firmatari

Successivamente mi sono spostato nel Lazio per contattare un’altra sigla, questa volta non firmataria. L’interlocutore è Francesco, Menegat segretario regionale della FAST, Federazione Autonoma dei Sindacati dei Trasporti. Il segretario è molto chiaro sulla libertà di associazione e di sciopero previsti dalla Costituzione pur comprendendo i disagi per gli utenti e gli automobilisti a seguito di continue mobilitazioni. È d’accordo sul trovare degli accordi bipartisan con i colleghi firmatari, ma il timore di Menegat verso uno sbarramento alla tedesca è che possa svilupparsi o ampliarsi un monopolio – testuali parole – di sigle più gradite alle aziende in tema di concertazioni, condizione che penalizzerebbe maggiormente il tpl e non solo. Sostiene che il tpl potrebbe essere il primo anello di un modus operandi che potrebbe estendersi ad altri settori dei servizi.

Percepibile rassegnazione

Nelle piccole società di noleggio il sindacato non sempre è presente, ma oggi accade qualcosa di diverso anche in quelle un po’ più grandi: sembra che i lavoratori tendano a stipulare direttamente, e forse con più concretezza, accordi con i titolari resi più disponibili dalla carenza di conducenti. Pensare che la rappresentanza sindacale sia arrivata a un capolinea storico non è certo un buon auspicio anche se oggi gli attori sotto i riflettori nel comparto sono sostanzialmente tre: il conducente, il titolare e l’autobus.

Del resto un sindacato ha la necessitò di essere finanziato per poter esistere sul territorio, quindi le iscrizioni sono vitali in questo senso, seppur ci siano altre strade per garantirne la sopravvivenza; ad esempio i fondi pensioni e l’offerta di consulenza fiscale riservata ai tesserati. Quello che manca è la motivazione dei delegati (per alcuni anche la preparazione e l’educazione) e anche qui, bisognerebbe obiettivamente farsi qualche altra domanda.

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