di Gianluca Celentano (conducente autobus)

I fatti di cronaca che parlano di atti di violenza nei confronti dei conducenti di autobus sono sempre più spesso in primo piano. Il tema è caldo, ed è bene parlarne per una questione di coerenza e rispetto verso i miei colleghi e il mio lavoro.

Potremmo sintetizzare il mio pensiero in un concetto che, soprattutto nel nuovo millennio, non è più di moda: il rispetto verso la persona. Ma in realtà, nello specifico allarme, sarebbe demagogico puntare il dito solo verso le aziende senza tenere conto della responsabilità di una politica lontana dal sentimento e dalle necessità della gente. Ormai quasi a cadenza settimanale ci giungono notizie dai mass media di autisti che hanno subito minacce o aggressioni da parte di balordi malintenzionati che per svariati motivi hanno reagito con ferocia inaudita verso il lavoratore alla guida. Sono stufo di vedere immagini di posti guida ricoperti di sangue e ancor più, scusate la franchezza, di assistere allo “scarica barile” tra silenzi e incertezze che fa seguito a questi reati.

Conducenti e passeggeri violenti

Certo la psicologia del comportamento del conducente ha una ruolo fondamentale – e molte aziende organizzano incontri con i lavoratori sul tema – nel tener testa a un soggetto “a rischio”. Misurare le parole, contenersi sono elementi che fanno la differenza nel fare o non fare scaturire episodi di collera da parte di un aggressore. In ogni caso, tutto questo è inaudito ed epiloghi simili non dovrebbero accadere. Il conducente oggigiorno (che esce di casa per guidare un bus e non fare il cow boy) non deve solo destreggiarsi nei confronti degli eventuali problemi con la sua azienda, ma deve anche possedere un impeccabile autocontrollo da esercitare sulla strada, in mezzo a un traffico caotico, aggressivo e indisciplinato, e verso qualche passeggero che mostra  comportamenti volutamente provocatori, forse dettati più dalla frustrazione del periodo storico che dalla reale mancanza di controllo nelle sue espressioni colorite.

Fa pensare il fatto che tali avvenimenti, i più gravi, avvengano in zone definite “tranquille” come la splendida e simpatica Siena. Si percepisce questo effetto come una macchia d’olio che dai grandi e frenetici capoluoghi metropolitani si espande verso i Comuni minori, una volta i più rilassati, portando con sé, senza sconti, quella cattiveria che non meritiamo!

Il numero uno della Regione Lazio Zingaretti aveva lanciato la proposta di uno status di “polizia amministrativa” per gli autisti di linea, ma in realtà l’idea non risolve il problema, dal momento che questi “male intenzionati” aggrediscono senza ritegno anche le forze dell’ordine. Premetto che la mia filosofia è sempre stata garantista e senza pregiudizi verso nessuno, ma qui si tratta  di una politica che rifiuta o fa finta di non vedere i problemi, preferendo “momentaneamente” scaricarli sui cittadini, ormai però saturi, e questo è un campanello d’allarme.

E i passeggeri?

Troppo spesso il conducente sembra un individuo destinato a sopportare le prepotenze e l’arroganza di qualche passeggero, come chiunque tra i colleghi che svolgono servizi di navetta, di noleggio giornaliero o di linea può testimoniare. “Perché portare riguardo al conducente quando pago il biglietto?” Questa è la risposta a caldo che si ottiene quando avviciniamo un passeggero che ha appena avuto un diverbio con il conducente. “Paghi il biglietto (salato) e insieme acquisti la mia dignità?” Questa invece è la mia replica a queste cortesi persone. L’autista in sostanza è considerato il responsabile di tutti i possibili disservizi ma molto spesso è una vittima a sua volta.

I problemi delle società di noleggio

Alcune di esse mi hanno raccontato di essere tenute in “ostaggio”  da gruppi indisciplinati che pretendono soste in autogrill ben più lunghe dei 45 minuti previsti, creando di conseguenza sforamenti nei tempi di guida e l’obbligatorietà di utilizzo di due conducenti al prezzo di uno per rispettare le tempistiche. Altre mi dicono che subiscono atti vandalici come il taglio delle imbottiture dei sedili qualora il loro autista faccia valere i suoi doveri nei confronti del Codice della strada. Si consideri che questi viaggi sono già scontati all’osso come costi e il guadagno effettivo per le società è davvero misero a fronte delle spese e di un fisco che non vuole sentir giustificazioni. Anni addietro e avevo proposto di isolare il posto guida lasciando le informazioni più importanti per i signori clienti all’elettronica di bordo ma come risposta ricevetti qualche risata e un ammonimento da parte di un ambiente poco meritocratico, dove l’invidia gratuita preclude le risposte concrete e dove forse chi in ambito locale poteva darle, temporeggiava senza avanzarle.

Le risposte dall’alto

Quando si parla di obbligo di investimenti per le holding che fanno profitto in Italia, si parla certo di infrastrutture ma anche di strumenti concreti per la sicurezza dei lavoratori. Non c’è poi da stupirsi se, considerati i costi per le patenti, i giovani scartino a priori questo settore lavorativo che meriterebbe considerazione e non la triste immagine che ci viene dall’ATAC, ma c’è ancora meno da stupirsi quando, demagogicamente, qualcuno afferma che nel settore non si vogliono più lavoratori italiani. Forse l’organizzazione European Transport Workers Federation, se venissero uniformate le sue linee guida, potrebbe rivelarsi un aiuto anche per noi.

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