Sono passati quattro mesi dalla strage di Mestre e, nonostante i diversi esami disposti dalla procura per accertare le dinamiche dell’incidente nel quale hanno perso la vita 21 persone, le cause della caduta dell’autobus dal cavalcavia non sono state ancora chiarite.

Negli scorsi giorni una nuova perizia ha escluso un malore dell’autista, deceduto a causa della caduta e non per un infarto che lo avrebbe portato a sbattere e strisciare contro il guardrail per cinquanta metri.

Ora, come riportato dal Corriere del Veneto, sotto la lente di ingrandimento dei due consulenti tecnici nominati dal pubblico ministero c’è il perno che tiene il tirante dello sterzo, per capire se possa avere avuto o meno un ruolo nell’incidente.

I tecnici hanno condotto test di resistenza e tensione sull’asse anteriore, analizzando il comportante dei vari pezzi, compresi quelli rimasti integri; il nodo da sciogliere è se la rottura dell’asse stesso sia precedente allo schianto – e dunque causa dell’incidente – o conseguenza dell’impatto prolungato contro il guardrail: “è per questo che è importante capire se i perni fossero adeguati: nei giorni scorsi sono stati fatti dei test di tensione, mentre ora ci si concentrerà su quello rimasto integro. Per questo verrà prima tagliato uno spezzone che sia analogo al moncone di perno rotto e poi sarà fatta una analisi della microstruttura del materiale e della sua composizione chimica, con il test di durezza cosiddetto Vickers”, si legge.

Un difetto di progettazione? È un’ipotesi avanzata, ma è solo un’ipotesi, così come quella che parla della possibilità dell’usura del pezzo stesso. L’assale ZF 82 EC è omologato per montare ruota da 275 e “si sta cercando di capire se quelle installate fossero più larghe, forse per rendere più stabile un mezzo che tende a essere sbilanciato dalle pesanti batterie collocate sul tetto”. Solo ipotesi, al momento.

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