Il gas è il core business, il mercato dell’idrogeno inizia a prendere il via. Il gruppo Snam gioca la sua parte nel trend della transizione energetica del TPL. L’azienda ha all’attivo partnership con primari OEM e player tecnologici per la promozione delle trazioni a gas. Ma lo sguardo è rivolto al futuro di medio-lungo termine: quest’anno il gruppo ha annunciato il lancio dell’Hydrogen Innovation Center, primo polo di eccellenza nazionale per le tecnologie dell’idrogeno, che si pone l’obiettivo di aggregare partner industriali e centri di ricerca universitari per accelerare lo sviluppo del settore e contribuire al raggiungimento degli obiettivi emissivi nazionali ed europei.

Abbiamo discusso stato e prospettive del mercato con Gianfranco Malvicini, Head of Tecnology Solutions in Snam4Mobility.

Il futuro? «Un giusto equilibrio fra diversi vettori (in base alle applicazioni), per il raggiungimento del target net zero emissions».

Gianfranco Malvicini: Snam4Mobility, focus sulle infrastrutture

gianfranco malvicini snam

Ci può offrire una fotografia di Snam4Mobility?

«Tutti conoscono Snam quale leader europeo delle infrastrutture gas con oltre 40.000 km di pipeline e 20 bcm di stoccaggi. Importante sottolineare anche il suo forte impegno verso la transizione energetica veicolato, dal 2017/2018, tramite la costituzione di nuovi business quali Snam4Envirnment (biometano), Renovit (efficientamento energetico), Hydrogen (upgrade degli asset Snam a H2 e progetti pilota) e Snam4Mobility.

Quest’ultimo sviluppa servizi integrati a supporto della mobilità sostenibile a gas naturale (CNG e LNG), biometano e idrogeno anche attraverso la creazione di infrastrutture per il rifornimento, sia pubbliche (per retisti) che private (per grandi flotte e TPL): in particolare, Snam4Mobility ha già contrattualizzato oltre 150 stazioni. A supporto di tali attività, Snam4Mobility può vantare numerose partnership con primari OEM, player tecnologici e Università, oltre all’esperienza della controllata CuboGas (soluzioni di compressione)».

Abbiamo sentito più volte, negli anni passati, lo slogan «niente più diesel nel TPL finanziato». Per molto tempo è stato, appunto, uno slogan. Oggi una serie di misure legislative invece sembra dare concretezza a questa affermazione: pensiamo al Piano strategico della mobilità sostenibile e ai fondi del PNRR.

«Indubbiamente il processo di transizione energetica è avviato: il Trasporto Pubblico Locale (TPL) è stato, e continua ad essere, pioniere di questa evoluzione irreversibile, soprattutto nell’urbano classe I, dove le immatricolazioni di bus ad alimentazione alternativa (CNG/LNG, Elettrico, Ibrido) iniziano ad assume percentuali significative.

Le legislazioni Europea e Italiana stanno, finalmente, sostenendo in modo chiaro questo trend.

Mi riferisco in particolare al D.M. 315 del 2/08/21 che assegna alle Regioni 600m€ (da Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR) da utilizzarsi nel periodo 2022-2026, risorse distribuite 50/50 fra Nord e Sud Italia. I 600m€ sono destinati all’acquisto di autobus ad alimentazione a metano, elettrica e a idrogeno, alle relative infrastrutture di alimentazione (fino a 150m€) e alla riconversione a gas naturale di autobus diesel IV-V (fino a 90m€)».

Un mix energetico per le zero emissioni

Quello della transizione energetica è ad oggi sicuramente il trend dominante nel mondo del TPL, ciò che determina e monopolizza la gran parte dell’attenzioni e dei progetti. Spesso ci si sofferma sui veicoli, ma in realtà è l’infrastruttura a giocare il ruolo più importante. Il che richiede scelte strategiche sul lungo periodo.

«Concordo pienamente. Reputo che, quando si parla di alimentazioni alternative, sia fondamentale sviluppare e sostenere, in parallelo, le componenti veicolare e infrastrutturale: l’una non può esistere senza l’altra. L’esperienza sull’idrogeno che noi e altri player europei stiamo vivendo ci porta a superare il famoso dilemma “chicken and egg, what first?” creando partnership e collaborazioni con primari OEM (costruttori auto / bus / heavy-duty) e player tecnologici per servire al meglio i clienti Mobility.
Credo che in futuro, più di quanto vissuto in passato col “dominio” del diesel, assisteremo ad un giusto equilibrio fra diversi vettori (in base alle applicazioni), per il raggiungimento del target net zero emissions. Doveroso ricordare che questi sviluppi (tanto veicolari quanto infrastrutturali) necessitano il rispetto dei tempi dei cicli tecnologici, ergo non si deve avere fretta o continuare a cambiare idea sulle priorità. 

Come Snam4Mobility siamo attivi, dal 2018, nella creazione di stazioni di rifornimento (bio) CNG / LNG, prima pubbliche oggi anche private (per grandi flotte e TPL); stiamo ora assistendo alla nascita, in Italia e all’estero, della domanda di stazioni a idrogeno, vettore in cui crediamo fermamente, e siamo attrezzati per rispondervi. Per condividere qualche numero (arrotondato), oggi in Italia ci sono circa 1.500 stazioni CNG, circa 100 stazioni LNG, mentre quelle idrogeno si contano sulle dita di una mano…
L’attenzione all’infrastruttura ci ha inoltre portato, già nel 2018, ad integrarci verticalmente con l’acquisizione di CuboGas, primaria azienda piemontese leader nello sviluppo, produzione e commercializzazione di soluzioni di compressione per CNG e, prossimamente, anche per idrogeno».

snam trasporto pubblico idrogeno

In ambito urbano, da qualche anno, si è fatta largo la proiezione che vede un destino rigorosamente a zero emissioni per i mezzi TPL. Eppure, diversi costruttori hanno ancora in listino mezzi a gas, e hanno anche lanciato recentemente dei nuovi prodotti…

«Vero, dicevamo che già da qualche anno assistiamo a un trend virtuoso nell’urbano classe I.

Altresì vero che i principali costruttori hanno, innanzitutto, a listino numerosi mezzi diesel (Euro VI) che rappresentano ancora la fetta più importante dell’immatricolato. Già al 2025 prevediamo, però, uno scenario sensibilmente diverso con elettrico e gas CNG / LNG come principali soluzioni e ibrido, diesel e idrogeno a seguire.

È importante evidenziare, poi, come il gas CNG / LNG vada interpretato primariamente nella sua forma “bio” (ciò non fossile, bensì come fonte di energia rinnovabile ottenuta dalla frazione organica dei rifiuti o da biomasse agricole / agroindustriali). Il biometano, seppur non soluzione “zero emission”, è “carbon neutral” (CO2) e riduce significativamente le emissioni di NOx e PM. Inoltre, consente una transizione “cost effective” e competitiva in quanto sfrutta le tecnologie e le reti infrastrutturali già esistenti (quelle del gas metano).
In questo ambito, Snam4Environment sviluppa tecnologie e crea infrastrutture per la produzione di biometano (i.e. upgrading kit); Snam mette a disposizione la propria rete (al 2030 circa il 9% di tutto il gas trasportato sarà “bio” e oltre il 20% al 2050); Snam4Mobility, poi, sviluppa stazioni di rifornimento a bio-CNG/LNG.

Oltre l’urbano, confidiamo che l’extraurbano (classe II) possa essere la “next wave” per il gas metano nel TPL (sia CNG che, in base alle distanze percorse, l’LNG). I modelli offerti dai costruttori rimangono ancora pochi e reputo, fino al 2030, la reale alternativa al gas metano nell’extraurbano rimarrà il diesel (e, a seguire, ibrido e idrogeno)».

La vostra azienda si è molto spesa, tramite l’AD Alverà, sul tema dell’idrogeno. Che tempistiche prevedete per una reale evoluzione in questo senso?

«Relativamente all’idrogeno vanno considerati due elementi: disponibilità e costo.

Sul primo punto (disponibilità), Snam è attiva su tre fronti: 1. l’“asset readiness”, cioè tutte le attività volte a garantire la compatibilità dell’infrastruttura esistente al trasporto di idrogeno (stimiamo che oltre il 70% dei tubi dei nostri metanodotti siano pronti a trasportare idrogeno). 2. Lo sviluppo della filiera, cioè il supporto a progetti pilota nella Mobilità (e non) e lo sviluppo di tecnologie, tanto mediante società controllate dal Gruppo (compressori CuboGas) che con partecipazioni (ITM Power e De Nora). 3. Il contributo al disegno della road-map per l’integrazione dell’idrogeno nel sistema energetico esistente, inclusa l’evoluzione del framework regolatorio.

Il costo (secondo elemento) varia significativamente in base al “colore” dell’idrogeno (“grigio”, da fossile; “blu”, con cattura dell’anidride carbonica; “verde”, da fonti rinnovabili) e dalla modalità di produzione, che può essere “on site” (localizzata presso il punto di consumo) o “off site” (centralizzata possibilmente a valle di grandi impianti di generazione di energia -verde-).

Gli obiettivi di net zero emission in cui crediamo sono raggiungibili con l’idrogeno verde, oggi il più caro. Costi di produzione fra 4 e 6 €/kg rendono l’idrogeno verde già competitivo con il diesel nel trasporto pesante e pubblico. Grazie anche al progetto “Green Hydrogen Catapult”, di cui siamo uno dei promotori, confidiamo che entro i prossimi 5 anni l’idrogeno verde possa iniziare ad essere una reale alternativa al petrolio in alcune applicazioni.

Evidente che, in parallelo, sia necessario lo sviluppo del parco circolante (con mezzi a fuel cell e / o con motori a combustione a idrogeno) e della rete distributiva (le stazioni di rifornimento)».

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