Curioso come in 18 anni la Solaris sia passata da 36 a oltre 2.000 dipendenti, mentre in Italia i carrozzieri chiudevano uno dopo l’altro. E non è stato soltanto colpa delle politiche nazionali sul Tpl (seppur sciagurate) ma di una certa inerzia e paura verso l’innovazione, solo in parte dovuta ai fornitori di motori e telai. Il costruttore polacco invece, nato nel 1996 da una collaborazione con la Neoplan ma rimasto sempre indipendente ed a conduzione familiare, ha dimostrato da subito un’invidiabile dinamismo, costantemente alla ricerca del prodotto nuovo, mantenendo l’attenzione alla qualità ed a nuovi mercati. E quando il prodotto di punta, l’Urbino, si è affermato in tutta Europa alla pari dei più grandi, la famiglia Olszewski ha deciso di cambiarlo, non con un semplice restyling, ma riprogettandolo. E il motto alla base di questo lavoro è stato ‘ciò che è già perfetto non lo cambiamo, ciò che è solamente molto buono lo miglioriamo’.

Le nuove linee non passano certo inosservate: spigoli accentuati, archiruota allargati, vetrature ampliate, tutto nell’ottica di un veicolo moderno, accattivante, dinamico che si vuole inserire nell’ambiente urbano come elemento di abbellimento e non come puro mezzo di trasporto. Solaris, insomma, si vuole concedere qualche capriccio di design, atto ad affermare definitivamente la propria presenza nel panorama urbano europeo, con un’immagine nuova e ricca di personalità. Innanzitutto l’altezza, che incluso il gruppo clima è più bassa di 15 centimetri, pur con una migliorata abitabilità interna grazie alla forma del padiglione completamente differente. Poi la struttura, sempre reticolare autoportante in acciaio inox, ma con profili a sezione aperta, fazzoletti di saldatura sulle giunzioni, rinforzi specifici per la zona porte, con un complessivo risparmio di circa 700 chili di tara (a tutto vantaggio della capienza). Proseguendo, i rivestimenti esterni, modulari, leggeri, facilmente sostituibili in caso di danneggiamento. Ed ancora gli interni, con una zona senza podesti maggiorata in conseguenza allo spostamento dei serbatoi sull’asse anteriore. E infine il posto di guida, più spazioso, posizionato più in alto, e con un parabrezza più ampio per una migliore visibilità. Grazie alla riduzione ed alla redistribuzione dei pesi, la capienza complessiva è aumentata di 6 unità (110 i posti massimi sul 12 metri) pur mantenendo inalterato il layout interno che prevede, di norma, 32 sedili dei quali solo la metà è su podesti. I sedili presenti nella sezione ribassata sono tutti provvisti di aggancio a cantilever così da agevolare le operazioni di pulizia del pavimento.

Le finiture sono complessivamente di buon livello con una mancorrenteria realizzata in acciaio inox satinato che si raccorda verso l’alto alle cappelliere, dove sono incastonate due file di luci a led che percorrono il padiglione su tutta la lunghezza. La climatizzazione è affidata ad un impianto Konvekta UL500 con gestione indipendente tra posto guida e vano passeggeri. Ovviamente è la stessa dell’Urbino classico Euro VI, già circolante in quel di Milano e di altre città. Motore che rimane l’olandese Daf Paccar e precisamente l’Mx11 da 10,8 litri, più grosso del Daf Euro V, disponibile in tre differenti tarature (290, 330 e 370 cavalli), tutte con abbondante coppia a disposizione. Cambio automatico, anch’esso sempre a scelta tra Zf Ecolife e Voith Diwa.6, in grado di assecondare la generosa erogazione del motore con un occhio di riguardo ai consumi, che dai primi riscontri risultano essere migliori dell’Euro V. Ponte posteriore ed assale Zf (quest’ultimo a scelta tra rigido ed a ruote indipendenti) ed un nuovo sistema di sospensioni pneumatiche progressive, che a richiesta possono essere di tipo adattivo e dotate di controllo elettronico di stabilità Esc. Più attenzione anche alla manutenibilità, con gli sportelli di accesso agli organi meccanici di dimensione maggiore con un angolo di apertura più ampio. Pneumatici da 275/70 R22,5 con dispositivo di controllo pressione e luci esterne tutte a led (tranne ovviamente i proiettori) dalla durata quasi infinita e dal consumo ridottissimo. Tutto frutto di un’esperienza ormai ultradecennale che ha voluto osservare i concorrenti e saputo ascoltare i clienti, perché l’autobus perfetto probabilmente non esiste, ma si può provare ad avvicinarsi. E prima di investire in un progetto di tali proporzioni bisogna essere sicuri che il concetto alla base sia valido: quasi tre anni di lavoro ed un milione di chilometri percorsi con il veicolo di pre-serie danno comunque l’idea dell’importanza del New Urbino per la fabbrica di Poznan. Più che un salto di qualità, una prova di forza.

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