di Gianluca Celentano (conducente bus)

Proprio la settimana scorsa abbiamo sollevato una problematica legata alle patenti e molto sentita dagli autisti e imprenditori della mobilità. Non si è fatta attendere la condivisione nella nota di Riccardo Verona, Presidente dell’Associazione Nazionale Bus Turistici Italiani An.bti. Tuttavia, prima di presentare i punti della circolare con oggetto: “investire su formazione e aumento della validità patente su base volontaria”, è bene capire quali ostacoli la normativa del nuovo CdS contenuta nel comma 3 del Dl  285/ 1992, ha suo malgrado generato. Si tratterebbe di un aggiornamento europeo recepito però dopo il 2000 circa l’introduzione delle sotto categorie nelle patenti professionali: D1, e C1.

Le scuole guida sono state sostanzialmente obbligate a fornirsi di veicoli di categoria M2 (tra cui i minibus) con massa massima non superiore a 5 t e, autocarri di categoria N2, cioè veicoli merci non superiori alle 12 t. Questo per poter rilasciare le abilitazioni D1 e C1 pur avendo già nel parco autobus e autocarri rispettivamente catalogati M3 e N3. Visti gli oneri per il conseguimento dei titoli che sarebbero ricaduti sui giovani aspiranti, le categorie M3 e N3 (quelle senza limiti) sono state maggiormente sponsorizzate nelle scuole. In realtà il titolo del CQC è possibile ottenerlo a 21 anni, ma sulla patente è riportato un codice di limitazione che cessa di validità al compimento del ventiquattresimo anno di età. Periodo in cui si possono condurre i bus oltre le 5t.

Patente oltre i 68 anni: la nota di An-bti

“Chi ha 68 anni oggi non può essere equiparato a chi aveva la stessa età decenni fa e per questo si deve valutare la possibilità alzare l’età limite per gli autisti oltre i 70 anni come avviene in molti altri paesi europei. La carenza di autisti è un problema cronico per la nostra categoria ed il gap tra domanda di conducenti e offerta attualmente si sta ampliando. An.bti sta lavorando fin dalla nostra costituzione per affrontare il problema da due prospettive: la prima, la più importante, riguarda la formazione di nuovi autisti, gli incentivi all’acquisto delle patenti per i nostri mezzi e l’abbassamento dell’età di conseguimento delle stesse. In questo caso si tratta di un diverso approccio ‘culturale’ alla professione di conducente di bus turistici: dopo il 2000, progressivamente, questa professione è andata via via peggiorando, specie nell’immaginario collettivo. Non c’è un’unica e precisa causa, ma un insieme di fattori che hanno portato a svilire questo lavoro che, ricordiamolo bene, per ritmi, impegno e responsabilità è ben diverso da chi fa TPL. Credo si sia persa professionalità, passione e interesse: un tempo il conducente era una figura chiave – e lo è tuttora! – e veniva percepita come tale, rispettata e per certi versi anche invidiata. Ora il ruolo si è via via degradato: per molti il nostro è un lavoro di serie b. Per questa ragione, oltre a intervenire sulle buste paga e le troppe tasse che le assottigliano, riconoscendo la professionalità e la responsabilità di questo lavoro, bisogna intervenire nelle scuole, parlare con i giovani e spiegargli cosa significa guidare un bus turistico.  Un periodo di transizione necessario per formare nuovi autisti preparati e di qualità – e che richiede tempo – e va “guidato” dalla generazione di autisti più esperta”.

Via libera ad Accademie e scuole guida

Quindi autisti in cattedra ma anche un successivo filo conduttore con le Accademie. Sul tema che vedrà un autunno caldo, è bene fare i conti senza sperperi anche nei confronti del ruolo spesso dimenticato delle autoscuole pensando anche alle Accademie di formazione le quali, in diverse aziende dove il progetto è stato ben seguito, si sono registrati apprezzabili risultati anche motivazionali. Infatti, quando si parla di fondi per la formazione, si dovrebbero includere anche le reti d’impresa composte dall’unione dei vettori più piccoli che hanno dal canto loro un alto potenziale formativo, specializzato e di istruttori di guida.

La materia è complessa da quando nel lontano ‘92 è stato introdotto il nuovo Codice della strada – recepito con molta gradualità – e successivamente è stata sospesa la leva militare, fucina di nuove patenti. Insomma una delicata transizione che impone alla politica l’inclusione degli addetti ai lavori e la sinergia tra scuole, autoscuole e autoservizi. 

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