Il Coronavirus ha iniettato una pestilenza vaporosa che ora aleggia sul settore del trasporto pubblico, soprattutto in ambito privato. La solvibilità delle aziende, infatti, è caduta a picco. Gli insoluti dei leasing nel mese di marzo sono esplosi e le ‘frizioni’ tra clienti e costruttori volate alle stelle tanto che, in alcuni casi, si è già arrivati alle carte bollate. E il gruppo MAN, forse l’unico ancora tentennante sul da farsi, ne sa qualcosa. Ma perché tanto nervosismo se l’impianto legislativo messo in campo da questo Governo sembra tutelare le imprese? Il Decreto battezzato ‘Cura Italia’ ha previsto infatti la moratoria per i canoni di finanziamenti all’interno dei quali ci sono anche i leasing.

Autobus in leasing
Foto di repertorio

Autobus in leasing, è crisi

L’articolo 56 del Decreto dice che «…il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato…». Tutto chiaro. Ma è necessario ricordare che la rata di un leasing è costituita da due voci: capitale e interesse. Ed è proprio qui che il sistema inciampa, s’irrigidisce e fatica a trovare una soluzione. La sospensione della ‘quota interessi’, infatti, sembra essere uno dei tallone d’Achille di questa impalcatura. Ma non è la sola fragilità. Il soggetto che eroga il leasing ‘obbliga’ il venditore del bene a riacquistarlo nei tempi stabiliti. E il venditore, da parte sua, si impegna a riacquistarlo nei tempi descritti dal contratto. Ma se i tempi slittano in avanti, come prescritto dal Decreto, tutto questo palinsesto rischia di crollare… Perché? Perché il bene non avrà più il valore stabilito e il venditore subirà, se lo vorrà subire, un danno economico rilevante.

Autobus in leasing, il conteggio

Mal contati negli ultimi cinque anni in Italia ci sono state 4.000-4.200 transazioni per autobus Classe III. Di questi il 75 per cento acquistati in leasing, cioè 3.400 pezzi (circa). Ancora in voga è la ‘versione’ tradizionale, cavallo di battaglia della bergamasca Sofim. In questa versione il valore residuo è molto basso (1%) e la rata ‘cicciotta’. Tutto diverso, invece, il leasing con alto valore residuo dove il canone è contenuto, il periodo è di 5-7 anni e il valore residuo è del 40 per cento. Da qualche anno si è affacciato anche il leasing con una durata di tre anni, opzione che molti bollano come ‘leasing Flixbus’. Qui, vista l’usura, il buy-back ha meno senso e il cliente, di solito, ‘sposta’ questi mezzi sul noleggio dove sono chiamati a coprire tra i 60 e i 70 mila chilometri all’anno.

Insoluti ma anche disdette

Nel mese di marzo, come accennato, gli insoluti sono stati moltissimi. Questa pratica, normalmente, farebbe scattare la segnalazione alla centrale rischio, macchiando di fatto la ‘fedina’ di un’azienda. Vista la straordinarietà del momento questa pratica non è stata attivata, per esempio, da Société générale (anche se non è l’unica). Oltre agli insoluti, sul mercato si stanno affacciando le cancellazioni d’ordine. Non è bel segnale per un settore che negli ultimi due anni sembrava aver ritrovato la strada della crescita. Il Coronavirus modificherà il tessuto delle nostre aziende di trasporto. A soffrire saranno sicuramente quelle di piccole dimensioni tagliate fuori dal mercato del tpl. Le più fragili? Quelle concentrate sul noleggio che in questo biennio hanno fatto importanti investimenti in parco rotabile e che non hanno provveduto, nell’ultimo lustro, a mettere al riparo la propria aziende. Come? Anche semplicemente con i classici accantonamenti…

 

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