di Gianluca Celentano, conducente bus

Condivido l’allarme lanciato dal segretario generale della Filt Cgil Stefano Malorgio a Milano durante l’assemblea generale dei delegati, un allarme peraltro già sollevato anche dalle altre sigle di settore. I toni di Malorgio riflettono una forte preoccupazione: «Stiamo rischiando che il Paese non abbia più un servizio di trasporto pubblico locale collettivo» e, alla luce di questo allarme, ho voluto interpellare il piazzale, i colleghi per riportare come è vissuta questa condizione ancor più accentuata dal post Covid.

Ampliare l’offerta, ma come?

Il paradosso che stiamo vivendo è la necessità di una mobilità green con relativi importanti investimenti in un contesto dove scarseggiano i conducenti e i cittadini non vogliono rinunciare alla propria auto. Un contesto comprensibile dove non devono essere le sanzioni a disincentivare l’utilizzo dell’auto privata, ma semmai la garanzia di un’offerta di mobilità alternativa. C’è anche da dire che molte decisioni sulle restrizioni sono state imposte senza interpellare le organizzazioni sindacali e le associazioni di categoria, non volendo (forse appositamente) prendere in considerazione la realtà di un comparto che a malapena sopravvive e dove i costi d’esercizio penalizzano proprio tutto. Prendendo in esame l’ottima gestione dei trasporti in era pandemica potremmo arrivare a una serie di proposte per ovviare alla carenza di conducenti pur sapendo che i più conservatori risponderebbero: “non si può!”. Tuttavia se l’allarme è davvero questo, varrebbe la pena di considerare lo “stato di necessità” nell’ambito dei confronti istituzionali e di trattativa.

Del resto Stefano Malorgio cita il Fondo nazionale trasporti che attualmente non rappresenterebbe un ancora di salvezza essendo già da tempo arenato, né tanto meno aggiornato sui costi carburante e con il rischio di essere addirittura ridotto.

Aree comuni di esercizio

L’esclamazione “autisti merce rara” riecheggia sui piazzali e l’idea sarebbe capire quanti conducenti attivi sono disponibili tra noleggio e tpl nelle varie aree di servizio. Si potrebbe attuare una piattaforma centralizzata dei servizi, sia per le linee che per gli shuttle aziendali. Infatti in molti casi gli autisti hanno delle pause variabili tra di loro che potrebbero invece incontrarsi rinforzando le carenze d’esercizio. Attualmente però ci sono delle normative europee e restrizioni, tra cui la UE 1054/2020 del cronotachigrafo, obbligatorio anche per le linee navetta private.

Guadagni più alti

La defiscalizzazione sul costo del lavoro è un altro tema caldissimo promesso dalla politica ma ancora atteso nelle discussioni sul Pnrr. Con l’occasione delle gare di gestione dei servizi, argomento ancora top secret, il possibile accorpamento tra grandi e piccole aziende di trasporto potrebbe tradursi in una interscambiabilità dei conducenti, un primo passo per colmare l’allarme autisti che porterebbe più lavoro quindi buste paga più soddisfacenti. Servono però fondi al trasporto e meno limitazioni che obbligano il pensionamento di moderni autobus con cinque anni di vita.

Altro tema “caldo” sono le retribuzioni e le responsabilità dell’autista, aspetti, insieme al costo degli affitti, che potrebbero indurre, dato lo stato di necessità, a metter mano al contratto nazionale con nuove regole ad hoc.

Il passato e presente dell’autista

Almeno fino agli anni Novanta l’autista era osservato con rispetto e capace di una grande specializzazione, poi il declino in ambito sociale e successivamente nelle aziende. Poche opportunità di lavoro, concorsi spesso nebbiosi e ceri accesi in chiesa, anche se mea culpa è d’obbligo per tutti, ma c’è dell’altro… Questa bellissima professione nel corso del tempo si è trasformata per molti in un ripiego (e non lo è assolutamente) facendo fomentare i pregiudizi. I ragazzi d’oggi, figli di quei genitori che hanno vissuto la metamorfosi, hanno probabilmente ricevuto una cultura che vede questo o altri impieghi sociali e utili come poco nobili. Andare direttamente nelle scuole a illustrare chi siamo può essere costruttivo. Poi ci sono gli investimenti, molti dei quali non sono andati in direzione degli autisti, sottraendo idee e opportunità di gratificazione nel comparto, inoltre va detto che i margini di carriera se non si lavora in grandi aziende, sono minimi. Ma grazie all’opportunità dei social e blog che vanno utilizzati con grande senso di responsabilità, oggi l’autista ha una voce libera per mettersi in gioco in uno sforzo comune di ripresa del proprio comparto. Questo vale anche per me.

Gli autisti raccontano

A Milano Lambrate presso il terminal di piazza Monte Titano, ogni giorno sostano diversi vettori privati oltre alla partecipata Atm. C’è molta collaborazione tra i conducenti in un contesto un po’ decadente e in attesa di una ristrutturazione anche per rendere più sicura la viabilità e aggiungendo i bagni. Qui incontro Cristian 28 anni di Vicenza, fermo con un Irizar i6. Gli domando se gradirebbe la flessibilità nei servizi, visto che si occupa solo di noleggio. La risposta è si, anzi mi dice che farebbe volentieri alcuni giorni di tpl o lunga percorrenza e sfrutterebbe di più i riposi. Claudio invece, un collaboratore di 64 anni con grande esperienza, mi riferisce che lui vorrebbe far qualcosa per cambiare l’atteggiamento e i preconcetti delle persone verso gli autisti. Poi arrivo ad Alessandro, un titolare della provincia di Milano, il quale proporrebbe come prima riforma la rivisitazione delle normative sulle immatricolazioni dei bus, sostenendo che quelle del capoluogo lombardo sono imbarazzanti e troppo stringenti rispetto a quelle europee.

Forse i tempi sono maturi per fare tutti noi con aziende e rappresentanze sindacali un fronte comune per rilanciare il nostro lavoro, per altro un concetto molto chiaro espresso anche dal leader della Filt Stefano Malorgio.

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