Aggressioni agli autisti: serve un protocollo nazionale. E anche fermarsi, se necessario
Ci risiamo, ancora nuove aggressioni contro gli autisti dei mezzi pubblici, denunciate e riportate da diversi quotidiani. Le cronache arrivano dalla Brianza e dalla periferia est di Milano. Porte prese a pugni, insulti, sputi al personale di guida, bevande lanciate addosso in segno di sfregio, minacce da chi pretende di salire quando il bus è già […]
Ci risiamo, ancora nuove aggressioni contro gli autisti dei mezzi pubblici, denunciate e riportate da diversi quotidiani. Le cronache arrivano dalla Brianza e dalla periferia est di Milano. Porte prese a pugni, insulti, sputi al personale di guida, bevande lanciate addosso in segno di sfregio, minacce da chi pretende di salire quando il bus è già ripartito. Non si tratta più di episodi isolati, ma di un’ondata di violenza – e abitudini sbagliate- che mette a rischio la serenità del viaggio e, soprattutto, la sicurezza di chi ogni giorno è al volante. Una deriva che ormai non riguarda solo i grandi capoluoghi, ma sempre più spesso anche i piccoli centri di tutta Italia.
Violenza contro i conducenti di bus: cosa fare?
Le body cam, di cui si discute da tempo, potrebbero scoraggiare i più facinorosi – e servire come prova –, ma da sole non bastano. Sempre più voci dal mondo del trasporto pubblico segnalano la necessità di un passo in più: un protocollo semplice e condiviso. Alla prima fermata utile, fermare il mezzo, aprire le porte in sicurezza e allertare subito le forze dell’ordine, non sarebbe una concessione straordinaria, ma un diritto-dovere.
L’autista è chiamato a tutelare la sicurezza di passeggeri e veicolo, mentre chi lo aggredisce, minaccia o danneggia un autobus o i viaggiatori commette reati precisi: dall’interruzione di pubblico servizio al danneggiamento, fino alle minacce personali. Perché allora non offrire agli autisti una linea d’azione chiara, riconosciuta e sostenuta da aziende, istituzioni e sindacati?
E a proposito delle organizzazioni sindacali confederali – Filt-Cgil, Fit-Cisl e UilTrasporti – hanno diramato una nota, chiedendo risposte concrete.
Il protocollo, secondo chi lo propone tra i conducenti, poggerebbe su tre punti: collegamento diretto tra bus, centrale operativa e forze dell’ordine; formazione mirata agli autisti sulla gestione delle emergenze e sulle tecniche di de-escalation; campagne informative multilingua a bordo che spieghino le responsabilità penali dei comportamenti violenti, con la possibilità per le aziende danneggiate di procedere direttamente con denuncia.
Servono soluzioni immediate
Un gesto di rabbia può sembrare banale, ma per chi guida un autobus è sempre un campanello d’allarme. L’adozione di un protocollo chiaro scoraggerebbe i potenziali aggressori, anche se comportasse qualche minuto di ritardo per i passeggeri in regola che vogliono solo viaggiare in tranquillità. Oggi, invece, molti conducenti preferiscono “incassare” in silenzio pur di evitare ulteriori perdite di tempo, senza considerare che il problema non si risolve ma si ripropone, spesso aggravandosi.
Serve un cambiamento di mentalità: meno reticenza e più consapevolezza in un settore che troppo spesso tende a minimizzare. Ma senza sicurezza, non può esserci serenità. Trasformare questo protocollo in una prassi nazionale significherebbe proteggere non solo gli autisti, ma l’intera comunità che ogni giorno affida a loro la propria sicurezza.
di Gianluca Celentano
