La solitudine, l’autista chiacchierone e il bus che diventa un confessionale
Una delle consuetudini più diffuse nel mondo degli autisti è la scarsa capacità di sintesi. Tradotto significa: per dirti che un turno non è di suo gradimento, riesce a partire dall’ultimo pranzo domenicale con la suocera. E tu, nel frattempo, cerchi di capire se la risposta alla tua domanda arriverà entro i prossimi cinque minuti […]
Una delle consuetudini più diffuse nel mondo degli autisti è la scarsa capacità di sintesi. Tradotto significa: per dirti che un turno non è di suo gradimento, riesce a partire dall’ultimo pranzo domenicale con la suocera. E tu, nel frattempo, cerchi di capire se la risposta alla tua domanda arriverà entro i prossimi cinque minuti (quando va bene). Mettetevi nei panni di chi deve gestire i servizi parlando con loro: o si attiva la modalità “confessionale”, o ci si rifugia dietro lo schermo del computer, facendo finta di prendere appunti.
La solitudine dell’autista
C’è forse un bisogno nascosto di comunicare dietro questa prolissità? Probabilmente sì. Perché è un lavoro solitario. Davanti scorre il mondo, mentre il cervello macina pensieri, congetture e riaffiorano i ricordi. Non a caso, molti parlano di “stanchezza mentale” a fine giornata, oltre che fisica.
Poi ci sono le lunghe telefonate tra colleghi in viaggio. Servono a spezzare la monotonia, a strappare un sorriso sotto quella maschera rigida e concentrata (complice un paio di occhiali da sole che li fa sembrare più soldatini di piombo che autisti in carne e ossa). Senza contare che, con normative che cambiano dalla sera alla mattina, chiedere a chi è già stato in una località può evitare brutte sorprese.
C’è poi il fattore “sfogo”: troppa formalità durante i tour, troppe regole da rispettare, troppo poco spazio per ricordarsi di essere persone con una verve – e una dignità – tutta loro. Non è un caso che, se volete affrontare discorsi seri con un autista, convenga farlo quando è riposato e magari solo in un piazzale. Provate invece ad avvicinarlo subito dopo che ha messo i puntini sulle “i” a un gruppo indisciplinato. Probabilmente sarà ancora elettrizzato, anche se si è già sfogato. A me è capitata perfino una situazione rovesciata: ricevere velate intimidazioni sul prosieguo del contratto prima ancora di prendere servizio. Ma quando sei in pace con la tua coscienza e con il tuo dovere, l’unica risposta possibile è lavorare meglio e con serenità. Così è stato.
Poi, certo, ci sono quelli che – lontano dalle orecchie più autorevoli della società – sfogano frustrazioni o cercano consensi approfittando dell’attenzione che i colleghi concedono loro. Nelle rimesse, però, trova spazio anche la comicità spontanea, una dote diffusa e spesso apprezzata. All’opposto ci sono gli autisti taciturni, quelli capaci, ma poco inclini ai fiumi di parole. Non molti, a dire il vero
Tutti aspetti che fanno parte della professione, ma che non possono diventare un alibi per non affrontare il vero nodo: la selezione e la gestione dei gruppi. Un tema che, in fondo, non è troppo distante dai protocolli di sicurezza e dalle regole che l’intero comparto attende con urgenza per viaggiare con serenità e senza “sorprese”.
di Gianluca Celentano
