AMARCORD / Il Fiat 2470.12 Macchi-Ansaldo: un pezzo unico!
Articolo tratto dal numero di giugno 2025 di AUTOBUS. I crediti fotografici delle foto sono di E. Negrelli (per la foto di copertina) e, nell’ordine, di C. Piacenza e A. Pedretti. Tra le aziende che all’inizio degli anni Ottanta intrapresero la produzione di nuovi filobus partecipò anche la Macchi di Varese, già fornitrice di carrozzerie […]
Articolo tratto dal numero di giugno 2025 di AUTOBUS.
I crediti fotografici delle foto sono di E. Negrelli (per la foto di copertina)
e, nell’ordine, di C. Piacenza e A. Pedretti.
Tra le aziende che all’inizio degli anni Ottanta intrapresero la produzione di nuovi filobus partecipò anche la Macchi di Varese, già fornitrice di carrozzerie per i filobus della generazione precedente, che propose un veicolo elegante e sicuramente innovativo.Â
Il filobus modello Macchi 112 fu presentato al salone di Torino del 1981, su telaio automobilistico Fiat 470.12. La Macchi riprese il disegno della carrozzeria di autobus allora appena consegnati, che già circolavano sulle reti, tra le altre, di Como e Varese.Â
Il veicolo venne acquistato dalla Stel di Sanremo che stava programmando il rinnovo del proprio parco rotabile, costituito dai Fiat 2401 e 2411, risalenti agli anni Cinquanta e Sessanta; avrebbero dovuto giungere a Sanremo almeno altri quattro veicoli simili, ma la Riviera Trasporti, subentrata alla Stel alla fine del 1983, si orientò sui filobus prodotti da Portesi. Â
Le nuove, strane caratteristiche del Macchi – Ansaldo
Molte erano le novità portate dal nuovo mezzo. Innanzitutto, la lunghezza di 11,995 metri, primo filobus di tale dimensione a giungere in Riviera; il posto guida, ubicato a sinistra, con cruscotto avvolgente e con una ricca dotazione, come previsto per i veicoli costruiti in quegli anni; le porte, a libro in lega di alluminio con apertura verso l’interno; il colore della carrozzeria, in arancio ministeriale intervallato da due fasce di colore grigio, una all’altezza dei finestrini e l’altra in basso.
Il comando del gruppo resistivo e dei contattori di avviamento e di frenatura era affidato ad una nuova apparecchiatura elettronica a logica statica di progettazione Ansaldo, che sostituiva l’avviatore elettromeccanico.
Il nuovo equipaggiamento, nelle intenzioni del costruttore, avrebbe dovuto avere un elevato grado di affidabilità , oltre a una migliore regolazione dell’afflusso di corrente al motore, con riduzione dei consumi energetici e delle parti meccaniche. Il motore di trazione era il Cv 1227, ubicato nella parte posteriore del veicolo. Il filobus venne dotato di postazione del bigliettaio, con conseguente entrata obbligatoria dalla porta posteriore; la soluzione causò non poche difficoltà e qualche malumore, data l’altezza del piano di calpestio proprio in corrispondenza della porta di salita, che costringeva l’utenza più anziana ad affrontare gli alti scalini con fatica.
Settantacinque i posti in piedi, mentre quelli a sedere erano ben trenta, di cui cinque sulla piattaforma posteriore, e tutti dotati di imbottitura, che facevano pensare a un veicolo destinato al servizio suburbano. L’illuminazione interna era garantita da una fila di otto plafoniere ovali con lampade a incandescenza, tipiche della produzione Macchi. I finestrini erano di tipo unificato, con telai anticorodal, fisso nella parte inferiore e scorrevole verticalmente nella parte superiore. Gli indicatori di percorso erano del tipo già utilizzato da Stel, di tipo a tela stampata, con scritte colorate su sfondo bianco. Pur essendo predisposto, il filobus non fu mai dotato di alcun dispositivo per la marcia autonoma fuori da bifilare.
L’arrivo a Sanremo nel 1981Â
L’esemplare giunse a Sanremo nei primi mesi del 1981, ma fu presentato al pubblico e alla stampa a luglio, in occasione di un convegno sui trasporti filoviari svoltosi in concomitanza a Imperia; tra l’entusiasmo generale, c’era chi parlava addirittura del prolungamento della filovia ad Imperia.
Da lì a poco fu immesso in servizio sulla linea urbana di Sanremo e i cittadini notarono subito la novità , anche se i problemi tipici del prototipo emersero velocemente. Stranamente, non tutti i conducenti gradivano il posto guida a sinistra e perfino l’idroguida, giudicata da alcuni di loro troppo sensibile, soprattutto rispetto ai veicoli delle precedenti generazioni. La frenatura elettrica era poco modulabile, e la velocità massima era tarata a 45 km/h. Un veicolo nuovo, insomma, ma molto più lento e meno agile dei colleghi più anziani. Il compressore d’aria era ritenuto molto rumoroso, infine il piano di calpestio era rialzato nella parte posteriore.
Ciò nonostante, il filobus nei primi anni Ottanta si vedeva spesso sulla linea urbana e nel 1983 lavorò sulla linea T Sanremo-Taggia, con impiego anche in turni notturni, assieme ai Fiat 2411 Menarini e Portesi ricostruiti e dotati anch’essi di una livrea arancione.
Proprio nel 1983 il filobus ricevette un nuovo compressore, di maggiore capacità , e nuove plafoniere a luce fluorescente per l’illuminazione interna, la possibilità di esclusione della frenatura elettrica e infine un innovativo indicatore di linea elettronico a matrice di punti. La livrea venne semplificata, eliminando la fascia grigia inferiore. Un anno dopo, con l’arrivo della Riviera Trasporti, il filobus fu reimmatricolato 1201 e fu predisposto per l’esercizio ad agente unico, ricevendo due obliteratrici.
Nonostante l’accurata manutenzione dei circuiti di comando, due gravi guasti, nel 1985 e nel 1987, immobilizzarono ancora il filobus, e non trovò purtroppo spazio l’idea di sostituire l’equipaggiamento originale con uno nuovo a ‘full chopper’, che sarebbe stato adottato sui Menarini 201 di prossima consegna.
Nel 1990 il filobus, ormai accantonato, fu acquistato dall’Ansaldo per realizzare il prototipo del veicolo ibrido ‘Altrobus’. Terminati gli esperimenti, il veicolo fu trasferito inaspettatamente a Milano, accantonato al deposito di Famagosta e purtroppo demolito.
Pur considerando i pochi anni di esercizio a Sanremo, il filobus Macchi Ansaldo, di costruzione accurata ed elegante, contribuì in primo luogo al rilancio del veicolo filoviario in Italia e fornì importanti indicazioni per i filoveicoli che sarebbero stati costruiti negli anni seguenti, e fu di prezioso apporto anche nei test per i veicoli ibridi, che oggi caratterizzano parte delle flotte di molte città italiane.
di Stefano Alfano


