È l’inverno demografico della mobilità: gli italiani sempre più anziani si muovono di meno e per farlo non rinunciano all’auto, spesso e volentieri – peraltro – non di primo pelo. L’elettrico costa caro e non decolla ancora, ma intanto sono raddoppiati i punti di ricarica sul territorio.

Gli spostamenti, negli ultimi 20 anni, hanno registrato un calo del 11,7%. Dato che potrebbe non sembrare allarmante se non fosse che la principale causa, l’inverno demografico, non si risolverà per gli anni a venire. Così la vecchia auto torna ad essere la prima scelta e l’elettrico arranca. Bus e metro, che stanno rinnovando le flotte, riusciranno a invertire questa atavica passione degli italiani per l’auto? No, l’invecchiamento del Paese pesa anche sulla popolazione scolastica e da qui a pochi anni (al 2030), la minor domanda di trasporto degli studenti si tradurrà in potenziali cali per il tpl che, soprattutto al sud, saranno a due cifre.

Questo lo scenario raccontato dal 20° Rapporto sulla mobilità degli italiani a cura di Isfort con il supporto scientifico delle associazioni del tpl, Agens e Asstra, con il sostegno della Fondazione NC e con la partecipazione del Gruppo FS, di Istat e della Struttura Tecnica di Missione del MIT.

Mobilità e italiani: l’auto vince sempre…

Per la prima volta, nel 2022 il numero di autovetture che circolano sulle strade supera i 40 milioni, con un incremento del +1% rispetto al 2021 e del +19% negli ultimi 20 anni.  Cresce il tasso di motorizzazione, passando dalle 58,8 auto del 2002 alle 68,1 del 2022. È un dato di 10 punti superiore a Francia e Germania e di 15 punti superiore alla Spagna. La vecchia auto (nel 60% dei casi ha più di 10 anni, mentre in Germania o Francia intorno al 40%) è sempre il principale mezzo di trasporto degli italiani. 

Si continua così a preferire la propria auto riprendendo un trend solo in parte interrotto durante la pandemia: 2 spostamenti su 3 avvengono infatti sulle quattro ruote, meno di 2 su 10 a piedi ed appena il 4% in bici o altre forme di micromobilità. La stessa percentuale si registra per le moto e meno di un italiano su 10 (il 7,5%) sale su un bus per spostarsi.

Il mercato elettrico

Per quanto riguarda il mercato dell’elettrico, il Rapporto Audimob evidenzia che dall’inizio del 2023 c’è stata una timida ripresa ma si resta ancora ben lontani dagli standard europei. 

Il trend di crescita dell’auto elettrica è stato impetuoso negli ultimi anni, seppure nel 2022 si sia registrata una parziale battuta d’arresto, effetto anche della minore appetibilità degli incentivi per l’acquisto: le auto ad alimentazione ibrida sono passate da poco più di 25mila immatricolazioni nel 2015 (1,6% del venduto) a quasi 450mila nel 2022 (34%);le auto ad alimentazione ibrida plug-in sono passate da appena 890 immatricolazioni nel 2015 (0,06% del venduto) a quasi 70mila nel 2022 (5,11%), tuttavia con una riduzione registrata nel 2022 (-3,2%); le auto ad alimentazione elettrica pura (BEV) sono passate da poco meno di 1.500 immatricolazioni nel 2015 (0,09% del venduto) ad oltre 67mila nel 2022 (5,11%); la variazione negativa tra il 2021 e il 2022 è stata in questo caso molto forte (-27% e una quota di mercato passata dal 4,61% al 3,73%).

Le infrastrutture per la ricarica elettrica: alla fine del 2022 ne sono state rilevate poco meno di 20mila e oltre 36mila punti di ricarica con un incremento rispettivamente del +46,2% e del +41,2% rispetto a fine 2021. Non poco, anzi, considerato che in Italia ci sono 22.700 stazioni di rifornimento di carburanti tradizionali. Dal settembre 2019 sia il numero di infrastrutture che quello dei punti di ricarica sono quasi quadruplicati. La distribuzione territoriale delle colonnine di ricarica premia il nord (quasi il 60% dei punti), mentre al sud e nelle isole l’incidenza è del 20%.

Ma gli italiani sono pronti a passare all’auto elettrica? Secondo l’Osservatorio Audimiob sì in buona parte, ma il problema è sempre lo stesso: il costo elevato. Il 5,3% degli intervistati dichiara che sta valutando l’acquisto già entro l’anno e il 33% entro i prossimi anni. È un dato abbastanza omogeneo a livello territoriale, tuttavia la propensione è un po’ più alta tra gli intervistati del Mezzogiorno. Circa i fattori che incidono negativamente sulla possibilità di acquisto il più rilevante risulta essere il costo dell’auto (punteggio medio 4,19 in scala 1-5). Meno significativo, in termini relativi, è il tema dell’autonomia delle batterie. 

Le difficoltà del tpl

Il trasporto pubblico continua ad essere snobbato dagli italiani: dopo il crollo del 2020 (quota modale dal 10,8% al 5,4% e perdita di oltre il 60% dei passeggeri), il tpl cerca di recuperare ma il 7,4% del 2022 o anche il 7,6% del primo semestre del 2023 sono ancora molto lontani dai livelli pre-Covid (10,8% nel 2019). A questo vanno sommati la carenza di servizi e di infrastrutture dedicate, soprattutto le reti ferroviarie nelle aree urbane, mancanza di politiche ad hoc e di fondi insufficienti o mai arrivati. E rispetto all’Europa basta fare il confronto tra i diversi investimenti pubblici fatti nel settore. Il Tpl costituisce una quota costante del Pil: il dato dell’Italia, pari a 0,40, è meno della metà della media EU27, oltre quattro volte inferiore a quello delle Germania e oltre tre volte inferiore a quello della Spagna. Si può quindi concludere che nel nostro Paese le limitate risorse aggiuntive per il settore che i vincoli di spesa pubblica impongono, non riescono a disinnescare il circolo vizioso di una mobilità collettiva destinata in prevalenza a chi non ha alternative per spostarsi.

E da qui a qualche anno? Isfort, per la prima volta, dedica una parte dell’osservatorio alle previsioni sulla mobilità fino al 2030. I dati evidenziano un ulteriore calo intorno al 3% dei volumi di spostamenti in generale in confronto al dato pre-Covid. Anche su questo andamento inciderà l’inverno demografico del Paese con una perdita di quote importanti come quella rappresentata appunto dalla domanda di trasporto degli studenti. Le variazioni più profonde si rifletteranno a livello regionale con valori negativi di oltre 10 punti soprattutto nelle regioni del sud e isole rispetto alla media italiana: punte negative in Basilicata (-18,6%) e Molise (-16,2%), a cui si aggiungono le performance molto negative di Campania (-14,8%) e Puglia (-14,5%). 

Un dato positivo si registra solo per l’Emilia-Romagna (+2,1). Questi valori aumenteranno considerevolmente se si considerano i soli studenti delle scuole superiori per i quali il decremento medio percentuale raggiungerà il -8,5% con punte del -20% di alcune regioni come la Basilicata.

E ovviamente tutto ciò si rifletterà negativamente sul tpl urbano e soprattutto extraurbano. Il trasporto collettivo si troverà a dover far fronte, soprattutto nelle regioni meridionali, a delle contrazioni di domanda molto severe (-4,8% in Italia, con punte di -14% nelle regioni del Sud). 

Il commento di Asstra

“Il tema della mobilità sostenibile, le politiche, gli obiettivi di spostamento modale, di riduzione di emissioni e di congestione sono le scelte fatte dalle istituzioni in Europa e in Italia, anche a livello locale. Questa è la cornice di riferimento per le imprese per mettere  a terra investimenti e servizi al fianco delle Istituzioni, perchè le scelte nel TPL si fanno insieme. Oggi il rapporto Isfort, con cui Asstra collabora da anni, certifica uno spostamento di quote modali dal Trasporto Pubblico verso quello privato, in controtendenza rispetto a quanto avveniva prima del Covid. E’ un elemento su cui riflettere perché senza politiche integrate che accompagnino l’azione delle aziende, questi obiettivi non verranno raggiunti. La crisi energetica, la crisi economica, i temi demografici pesano su questa situazione, ma  le decisioni per la mobilità sostenibile sono state prese, in un Paese che non è fatto solo di poche grandi città, ma di molti territori con caratteristiche e bisogni molto diversi lungo l’asse Nord-Sud», così la Vicepresidente di Asstra, Giuseppina Gualtieri, intervenendo alla presentazione del XX Rapporto sulla mobilità degli italiani a cura di Isfort.

«L’intermodalità ferro-gomma nel TPL risponde ad alcune di queste esigenze, ma richiede chiarezza e attenzione in tema di integrazione tariffaria, fattore cruciale se vogliamo raggiungere quegli obiettivi. Molto è stato fatto, ma moltissimo resta da fare a livello di sistema. ASSTRA lavora da sempre in questa direzione accompagnando le politiche di mobilità legate a grandi investimenti degli ultimi anni i cui effetti saranno più visibili nel prossimo futuro. In particolare quelli in innovazione tecnologica hanno ricevuto grande attenzione, ma concentrati sulla parte infrastrutturale e sui mezzi, e non su quella dei servizi. I nostri dati lo confermano evidenziando che la qualità del servizio è fatta soprattutto di orari tempi e puntualità perchè le persone chiedono servizi affidabili», ha aggiunto Giuseppina Gualtieri. Che, infine, ha così chiosato: «Negli ultimi anni ci siamo occupati molto di regole, di gare, di costi, ma il tpl è forse l’unico settore in cui il tema tariffario è quasi un tabù, mentre  ha  regole molto chiare in altri ambiti come le utility. Serve quindi una riflessione molto più ampia su tutti questi aspetti, soprattutto in un momento come questo in cui il costo del denaro, dell’energia e degli altri fattori produttivi non consentono rinvii. Ci sono realtà aziendali che in questo momento hanno difficoltà sia di liquidità finanziaria (perché a fronte degli ingenti investimenti bisogna ricorrere ai mercati finanziari per poterli sostenere, anche quando sono finanziati al 100%) e problemi di costi non adeguatamente coperti che evidenziano un tema complessivo su come si finananzia il tpl, se vogliamo raggiungere quegli obiettivi».

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