Metà dell’offerta rispetto alla media europea e 4 miliardi persi negli ultimi 5 nani: la crisi del trasporto pubblico in Italia
Trentatré pagine di rapporto nel quale sono messi nero su bianco i numeri del trasporto pubblico italiano. E sono numeri che fotografano la difficoltà del comparto, a partire da quei 4 miliardi di euro persi negli ultimi cinque anni, a livello di finanziamenti. Il rapporto “Mind the Gap“, redatto da Clean Cities (coalizione di oltre […]
Trentatré pagine di rapporto nel quale sono messi nero su bianco i numeri del trasporto pubblico italiano. E sono numeri che fotografano la difficoltà del comparto, a partire da quei 4 miliardi di euro persi negli ultimi cinque anni, a livello di finanziamenti. Il rapporto “Mind the Gap“, redatto da Clean Cities (coalizione di oltre 100 Ong e associazioni ambientaliste che mira a una mobilità urbana emission free entro il 2030), boccia il tpl italiano, che non regge il confronto con il resto dell’Europa: alle nostre coordinate geografiche, infatti, il tpl funziona peggio che nel resto del Vecchio Continente.
Sono stati i passaggi del rapporto che potremmo condividere e per iniziare a inquadrare lo stato delle cose, iniziamo con il seguente: “In media, le città europee, da Madrid a Varsavia, hanno il doppio dell’offerta in termini di posti-km pro capite e cinque volte i chilometri di trasporto rapido di massa (metro, tram e filobus)“.
A pagina dodici della ricerca, si legge: “Un divario che è più contenuto per le città del centro-nord, con Milano abbastanza vicina alla media europea, e che assume proporzioni drammatiche
nelle città del centro-sud, a prescindere dalla popolazione e dalle dimensioni geografiche. Infatti, il rapporto tra l’offerta di trasporto pubblico nella top 3 europea (Praga, Madrid, Varsavia) e le città del centro-sud italiano è di 1 a 8. Un rapporto quasi identico è riscontrabile per quanto riguarda i livelli di utilizzo: per ogni utente del tpl a Napoli, Palermo, Bari o Catania, ce ne sono otto a Varsavia, Parigi e Praga“.
Dunque, ancora: “La correlazione tra maggiore offerta e maggiori livelli di utilizzo è chiara. Il risultato sono livelli di utilizzo del TPL molto più bassi in Italia, in particolare al centro-sud. Il valore mediano per le città europee considerate nello studio è di 410 passeggeri pro capite, ma sono meno di 300 nelle città italiane del centro-nord, e a malapena 70 in quelle del centro-sud“. Di seguito la tabella:
Il livello di soddisfazione dell’utenza
Questo è un punto dolente per l’ecosistema del tpl in Italia. Sempre nel rapporto si legge come “il livello di soddisfazione degli italiani per il trasporto pubblico locale varia in modo significativo da città a città. Appena un palermitano su cinque e meno di un napoletano o di un romano su tre si considera più o
meno soddisfatto del Tpl nella propria città, contro il 56% dei torinesi e il 68% dei bolognesi. I problemi principali, particolarmente marcati nelle città del sud sono la frequenza e l’affidabilità, seguite dalla sicurezza“. Se parametriamo questi dati al resto dell’Europa, dice Clean Cities, “il confronto con le grandi città europee è impietoso. A Vienna e a Praga quasi il 90% dei cittadini apprezza il Tpl; a Berlino, Varsavia ed Amsterdam è l’80%; a Madrid è il 74%, a Barcellona il 72%, come a Bruxelles“.
Il nodo economico: il tpl italiano è sotto-finanziato
Abbiamo più volte scritto del Fondo Nazionale Trasporti e degli appelli delle tre principali associazioni di categoria – Agens, Anav e Asstra – per aumentare la potenza di fuoco dello stesso e di adeguarlo all’inflazione. L’hanno passato, in occasione del XVIII Convenzione Nazionale di Anav, giusto per fare un esempio, il presidente Nicola Biscotti, rilanciava l’appello: “Il trasporto pubblico con autobus non è un settore residuale e la politica tariffaria e il finanziamento pubblico devono essere rivisti nel loro complesso. Nello specifico il Fondo Nazionale Trasporti richiede un rifinanziamento di 1,6 miliardi di euro: 700 milioni di euro al fine di consentire alle imprese di recuperare gli effetti dell’elevata inflazione a cui si aggiunge il maggior costo del rinnovo contrattuale per il quale le organizzazioni sindacali hanno presentato una piattaforma stimata per circa 900 milioni annui“.
A tal proposito, nel report di Clean Seat viene riportato l’andamento del finanziamento del FNT, oscillato tra i 4,8 miliardi e i 5,3 miliardi. Per esempio, più di dieci anni fa, nel 2014 erano stati stanziati 4,918,620,000 di euro diventati 5,345,754,000 nel 2025, con il problema, però, dell’inflazione di cui sopra; inflazione che nel settore tpl ha raggiunto il 25%. In soldoni cosa significa? Che 1 un euro del FNT nel 2024 valeva 1,25 oggi. Risultato? L’erosione del Fondo stesso, per un ammanco complessivo di circa 4 miliardi di euro. Tanti.
Tpl Italia in crisi: cosa fare?
Tre le possibili soluzioni proposte nell’analisi di Clean Citi. Innanzitutto, aumentare di 1,2 miliardi di euro le risorse del Fondo Nazionale Trasporti in Finanziaria. “L’obiettivo minimo, da raggiungere già nella legge di bilancio 2026, dovrebbe essere quello di riportare la dotazione del Fondo Nazionale Trasporti ai livelli reali del 2010-2011, pari a circa 6,5 miliardi di euro a prezzi attuali, con uno stanziamento che porti a un maggior finanziamento del fondo per 1,2 miliardi di euro“.
Seconda proposta? Presto detta: “Incrementare le risorse per lo sviluppo delle infrastrutture del trasporto rapido di massa, sia iniettando nuove risorse e quindi aumentando la dotazione del Fondo unico istituito dal decreto-legge 30 giugno 2025, n. 95, sia assegnando le necessarie risorse all’attuazione del bando del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per il Trasporto Rapido di Massa, previsto dalla legge di bilancio 2024 e scaduto a maggio 2025. La stima prevista dal progetto di co-finanziamento della Banca Europea degli Investimenti, prevede investimenti pari ad un miliardo di risorse pubbliche, e altrettanti che arriveranno dalla BEI. Si tratta in ogni caso di un primo finanziamento, laddove il fabbisogno complessivo dei progetti candidati al bando potrebbe ammontare ad oltre
dieci miliardi di euro“.
Terzo e ultimo punto “investire significativamente nell’elettrificazione delle flotte di autobus. Il fabbisogno aggiuntivo in termini di supporto ai costi operativi è stato stimato da ASSTRA in 560 milioni di euro l’anno, nello scenario di decarbonizzazione più avanzato, allineato con i requisiti della normativa europea attualmente vigente. È utile ricordare che il costo operativo, tra manutenzione e carburante, di un autobus elettrico è pari a 0,48€/km, contro gli 0.61€/km dei bus a metano e gli 0,8€/km degli autobus a diesel, un divario che non farà che aumentare, con la costante riduzione del costo dell’energia elettrica da fonti rinnovabili a fronte di prezzi dei combustibili fossili altalenanti e in aumento“.
Poco capillare, sottofinanziato e disomogeneo: in Italia il trasporto pubblico locale funziona peggio che nel resto d’Europa. E guardando ai finanziamenti, il TPL italiano ha perso negli ultimi 5 anni 4 miliardi di euro. Ecco cosa emerge dal rapporto “Mind the Gap” realizzato da Clean Cities, la coalizione europea di oltre 130 ONG che ha come obiettivo una mobilità urbana a zero emissioni entro il 2030.
TPL: Italia vs Europa. Il rapporto tra l’offerta di trasporto pubblico (espressa in posti-km pro capite) nella top 3 europea – Praga, Madrid, Varsavia – e le città del centro-sud italiano è di 1 a 8. Rapporto analogo anche per i livelli di utilizzo: per ogni utente del TPL a Napoli, Palermo, Bari o Catania, ce ne sono 8 a Varsavia, Parigi e Praga. Le grandi città del nostro Paese, inoltre, hanno la metà dell’offerta delle principali città europee se consideriamo il rapporto fra posti a sedere e km pro capite coperti e un quinto dei chilometri di infrastrutture di trasporto rapido di massa (che comprende metro, tram e filobus). Guardando ai passeggeri pro capite, ovvero quanti viaggi gli abitanti di ciascuna città compiono usando il trasporto pubblico locale, dal rapporto emerge che il risultato di queste tendenze è un livello di utilizzo del TPL molto più basso in Italia rispetto al resto d ‘Europa, fino a 6 volte di meno. Il valore mediano per le città europee, infatti, considerate nello studio è di 410 passeggeri pro capite nelle città italiane del centro-nord sono meno di 300, e a malapena 70 in quelle del centro-sud. Una condizione che non può non incidere sul grado di soddisfazione che gli italiani dichiarano di avere nei confronti dei sistemi di trasporto pubblico locale. Se, infatti, le principali città europee hanno gradi di soddisfazione che vanno dal 90% di Vienna e di Praga all’80% di Berlino, Varsavia ed Amsterdam al 72% per città come Barcellona e Bruxelles, il confronto con le città italiane è impietoso. Appena 1 palermitano su 5 e meno di 1 napoletano o 1 romano su 3 si considera più o meno soddisfatto. Frequenza, affidabilità e sicurezza sono i problemi che emergono soprattutto al Sud.
Il sottofinanziamento del TPL in Italia. Ma da cosa dipende la situazione del TPL italiano? Dal report di Clean Cities emerge che negli ultimi 10 anni l’andamento nominale del finanziamento del Fondo Nazionale Trasporti, la principale fonte di entrate per le aziende di trasporto pubblico, ha subito delle oscillazioni tra i 4,8 e i 5,3 miliardi di euro: nel 2014 erano stati stanziati 4,918,620,000 di euro, che nel 2025 sono diventati 5,345,754,000. A oggi, le previsioni per il prossimo biennio – in considerazione di quanto previsto dalla legge di bilancio 2025 – sono pari a 5,301,754,000 euro per ciascuno degli anni 2026, 2027. Ma questi sono i valori nominali, ovvero considerando i prezzi correnti che non tengono conto della svalutazione dell’inflazione. Nello stesso periodo, infatti,l’inflazione del settore trasporti è stata complessivamente del 25%. Vale a dire che un euro del Fondo Nazionale Trasporti nel 2014 valeva 1,25 euro di oggi. Questo processo di erosione ad opera dell’inflazione ha generato negli ultimi 5 anni un ammanco complessivo di 4 miliardi di euro. Una cifra tutt’altro che trascurabile se si considera che il Fondo Nazionale Trasporti, copre una percentuale dei costi del TPL che nelle città più grandi oscilla intorno al 25-30%, ma che può superare anche di molto il 50% nei centri più piccoli, soprattutto al Sud.
Gli effetti dell’erosione del Fondo Nazionale Trasporti. Secondo l’analisi di Clean Cities uno dei principali effetti dell’erosione del Fondo Nazionale Trasporti è la disomogeneità del servizio sul territorio italiano. Le città italiane con maggiori risorse e dove si sono concentrati maggiormente gli investimenti infrastrutturali, infatti, sono quelle che scontano un gap significativo ma non incolmabile con le altre città europee. Quelle che non hanno voluto o potuto sopperire alla mancanza di risorse per il TPL tramite mezzi propri o attirando investimenti nazionali ed europei significativi scontano un ritardo gravissimo che mette in discussione la coesione nazionale stessa. Proprio nelle regioni a più basso reddito, abbiamo i livelli più bassi di offerta e quindi utilizzo del TPL, e conseguentemente i tassi di motorizzazione più elevati rispetto al resto d’Italia producendo una dipendenza dall’auto privata che pesa sui bilanci delle famiglie, riduce l’accesso ai servizi e peggiora la qualità dell’ambiente urbano, a partire dall’aria. Un fenomeno che gli economisti dei trasporti chiamano forced car ownership. Secondo i dati dell’Osservatorio Stili di Mobilità IPSOS analizzati nel report, infatti, negli ultimi anni tre italiani su dieci hanno dovuto rinunciare ad almeno una di queste attività per difficoltà negli spostamenti: lavoro (28%), studio (17%), visite mediche (19%) o relazioni sociali (25%). Le situazioni più critiche si registrano a Napoli (34%) e Roma (33%), mentre in città come Milano e Bologna la quota di popolazione “a mobilità precaria” scende al 20-21%. “Risulta quindi chiaro come un trasporto pubblico più efficace avrebbe il potenziale di aumentare la coesione, ridurre i livelli di esclusione sociale e accrescere le opportunità economiche e lavorative nonché l’accesso a servizi fondamentali quali salute e studio” dice Claudio Magliulo, Head of Italy Campaign di Clean Cities.
Aumentare di 1,2 miliardi di euro le risorse del Fondo in Legge di bilancio. “Investire nel trasporto pubblico locale non significa soltanto potenziare un servizio di mobilità per i cittadini – spiega Claudio Magliulo, Head of Italy Campaign di Clean Cities – ma anche sostenere il tessuto produttivo e contribuire alla competitività complessiva del Paese, garantendo a milioni di cittadini la possibilità di spostarsi in modo sicuro e accessibile, riducendo le disuguaglianze e assicurando pari opportunità di accesso a scuola, lavoro e servizi essenziali”. Secondo Clean Cities, quindi, sarebbe necessario aumentare le risorse per il Fondo Nazionale Trasporti fino a raggiungere un livello di trasferimento verso le regioni almeno pari ai livelli del 2009. Ad oggi, questo comporterebbe un incremento di circa tre miliardi di euro all’anno. L’obiettivo minimo, da raggiungere già nella legge di bilancio 2026, dovrebbe essere quello di riportare la dotazione del Fondo Nazionale Trasporti ai livelli reali del 2010-2011, pari a circa 6,5 miliardi di euro a prezzi attuali, con uno stanziamento che porti a un maggior finanziamento del fondo per 1,2 miliardi di euro. “Si tratta di investimenti significativi- conclude Magliulo – ma sulla stessa scala di quanto messo a disposizione per l’ecobonus dei veicoli privati. Va inoltre considerato che le casse dello Stato continuano a sostenere il peso di sussidi ambientali dannosi, il totale ammontare dei quali è stimato in un range che va dai 24,2 miliardi di euro catalogati dal Ministero dell’Ambiente ai 78 miliardi di euro individuati dalle associazioni ambientaliste”.
La campagna. Insieme alla pubblicazione del briefing “Mind the gap”, parte oggi anche l’omonima campagna nazionale di Clean Cities per chiedere a Governo e Parlamento una significativa iniezione di risorse nel TPL: non solo Fondo Nazionale Trasporti, ma anche risorse dedicate per nuovi investimenti in infrastrutture di trasporto rapido di massa e nell’elettrificazione degli autobus. La campagna prevede una raccolta firme e flash mob nelle principali città italiane. Aderiscono alla campagna: AIFVS – Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada, Associazione Lorenzo Guarnieri, EPMC – Associazione Esperti Promotori Mobilità Ciclistica, ETSC – Consiglio europeo per la sicurezza dei trasporti, Euromobility – Associazione dei mobility manager, FIAB – Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta, Fondazione Mobilità in Città, ISDE – Associazione Medici per l’Ambiente, Kyoto Club, Legambiente, Movimento Diritti dei Pedoni, Rinascimento Green. La campagna è promossa all’interno della Rete Italiana Mobilità Equa.


