Industria italiana autobus byd

Byd punta il dito sull’Europa e le fabbriche di Industria Italia Autobus diventano un obiettivo alla portata. «Una delle azioni che dobbiamo compiere è investire in modo da avere una maggiore capacità produttiva in Europa», dichiara ad autobusweb Isbrand Ho, Managing Director BYD Europe «e uno dei posti che stiamo prendendo in considerazione è l’Italia. Sono in stretto contatto con il governo italiano e la fabbrica Bredamenarini è una delle opzioni in campo. L’unico elemento di preoccupazione è il forte indebitamento».

Il quadro estremamente confuso della politica italiana non vi spaventa? Non temete che tale confusione finisca per ripercuotersi sulla competizione?

«La confusione politica in Italia va avanti da 2.000 anni. Il nuovo governo è in contatto con noi, ci siamo incontrati diverse volte a Roma e anche a Shanghai. In ogni caso abbiamo imparato a lavorare per essere più internazionali, collaborando con partner locali. Vogliamo avere un buon partner in Italia. Se Byd dovesse decidere di costruire autobus in Italia, lo farebbe insieme con un partner italiano».

In Italia c’è una forte necessità di rinnovo del parco circolante. Le flotte vengono rinnovate a piccoli passi, finora senza abbandonare il diesel. Qual è la vostra strategia per il mercato italiano, dove siete già presenti, guardando ai prossimi 24 mesi?

«Penso che nei prossimi 24 mesi la rivoluzione della transizione dal diesel all’elettrico prenderà quota in virtù degli impegni presi in sede europea. Le fabbriche dove realizziamo gli autobus elettrici con Alexander Dennis Limited raggiungeranno il loro limite produttivo nel 2020. Una delle azioni che dobbiamo compiere è investire in modo da avere una maggiore capacità produttiva in Europa. Uno dei posti che stiamo prendendo in considerazione è l’Italia. Sono in stretto contatto con il governo. La fabbrica Bredamenarini è disponibile, ma ha un importante indebitamento che ci preoccupa».

Avete già una fabbrica in Ungheria e una in Francia…

«Le nostre fabbriche in Ungheria e Francia raggiungeranno il loro limite produttivo molto presto. In particolare, stiamo affrontando delle problematiche nella fabbrica ungherese. La città in cui è collocata la fabbrica ha una popolazione di 20mila persone e una popolazione lavorativa di 4mila. I lavoratori qualificati sono forse 200. Negli ultimi 24 mesi hanno aperto stabilimenti nella zona Mercedes, Audi e un’altra azienda coreana. Il bacino della forza lavoro si è prosciugato. Il costo del lavoro è passato da attraente a decisamente poco attraente. Tutti i costi sono aumentati, per esempio quelli degli affitti degli edifici e appartamenti sono raddoppiati nel giro di un anno. Per questi motivi stiamo ragionando su possibili alternative».

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