Tper bandisce una gara, Evobus perde, fa ricorso nei confronti di IIA e di Solaris… e perde ancora. Il Tar ha messo la pietra tombale sulla vicenda con una sentenza che rimanda al mittente tutte le contestazioni (due principali e due aggiuntive) di Evobus. Nella gara bandita nell’estate 2016, IIA (Industria Italiana Autobus) si è aggiudicata i lotti 3 e 4, mentre Solaris è risultata seconda classificata per quanto riguarda il lotto 3. Evobus, da parte sua, ha partecipato alla gara per i lotti 2 (da 63 a 164 Classe II low entry 12 m), 3 (da 60 a 136 Classe II da 12 metri), 4 (da 4 a 11 Classe II snodati da 18 metri), 5 (da 6 a 12 Classe I da 18 metri), 6 (da 7 a 21 Classe II da 14 metri).

Secondo Evobus, offerte troppo basse

Il primo motivo della contestazione da parte di Evobus? Il fatto che «sia IIA (aggiudicataria) sia Solaris hanno presentato offerte anormalmente basse». Nel documento di ricorso, Evobus «prospetta una tabella e spiega che entrambe superano sempre i 4/5 dei punteggi massimi previsti. Nella predetta tabella si legge per il lotto 3: IIA punteggio prezzo 40,30; Solaris punteggio prezzo 41,79; Evobus punteggio prezzo 32,31; per il lotto 4: IIA punteggio prezzo 42,70; Evobus punteggio prezzo 32,65».  Secondo Evobus, insomma, «la stazione appaltante avrebbe dovuto dar corso al necessario sub procedimento di verifica della congruità della offerta della aggiudicataria». La replica di Tper ha fatto presente che, in ambito di settori speciali (come quello di Tper), come recita la normativa, «gli enti aggiudicatori hanno facoltà di utilizzare i criteri di individuazione delle offerte anormalmente basse, indicandolo nell’avviso con cui si indice la gara o nell’invito a presentare offerte». In sintesi: l’obbligo di verificare la congruità delle offerte… non è sempre un obbligo, ma «è rimesso – nei settori speciali – alla scelta della stazione appaltante, espressa nella lex specialis. Nella specie, la stazione appaltante non si è autovincolata e dunque nessun obbligo incombeva sulla commissione di gara». Motivo per cui la contestazione di Evobus è stata giudicata «infondata».

Chi di Turchia colpisce, di Turchia perisce

Ma passiamo al secondo motivo. Evobus «sostiene che l’art. 47, comma 1, Codice appalti sancisce il divieto di partecipare a gare di appalto agli operatori economici stabiliti in Paesi diversi dall’Italia che non rientrino tra gli Stati aderenti all’Unione Europea, tra i paesi firmatari dell’accordo sugli appalti pubblici che figura nell’allegato 4 dell’Accordo che istituisce l’OCSE, o tra i paesi che, in base ad altre norme di diritto internazionale, consentano la partecipazione ad appalti pubblici a condizioni di reciprocità». Motivo per cui, secondo la ricorrente, IIA «non avrebbe potuto legittimamente partecipare alla gara non potendo dare dimostrazione di produrre gli autobus oggetto della commessa in stabilimenti posti sul suolo italiano o comunque di uno Stato tra quelli ricompresi nella normativa sopra citata». Infatti, prosegue la sentenza, «dal sito internet ufficiale della società risulta che essa possiede due siti produttivi: lo stabilimento bolognese e quello di Flumeri, in provincia di Avellino; questo è chiuso da tempo; anche quello di Bologna è in mobilità e cassa integrazione. Il resto degli ordini verrebbe evaso tramite esternalizzazione della attività produttiva presso stabilimenti in Turchia». Tuttavia, anche questa seconda motivazione viene rigettata dal collegio in quanto «le affermazioni della ricorrente non risultano adeguatamente dimostrate». La sentenza rincara la dose: «peraltro, la stessa “casa madre” Evobus GmbH, con sede legale in Germania, ha allegato una brochure informativa nella quale a pagina 5 sono elencati i siti produttivi di tutto il mondo e fra essi uno è ubicato proprio in Turchia». Per il Tar la partita è chiusa.

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