Autisti dalla Tunisia? L’opinione (di un autista italiano)
Se seguite AUTOBUSWeb siete o non siete autisti e avete letto del progetto di Brescia Trasporti – quello che punta a formare in Tunisia una quota di conducenti da inserire in organico nel 2026 – probabilmente vi sarete posti una domanda forse scontata: “Perché non migliorare retribuzioni e turni per gli autisti, così da attirare […]
Se seguite AUTOBUSWeb siete o non siete autisti e avete letto del progetto di Brescia Trasporti – quello che punta a formare in Tunisia una quota di conducenti da inserire in organico nel 2026 – probabilmente vi sarete posti una domanda forse scontata: “Perché non migliorare retribuzioni e turni per gli autisti, così da attirare lavoratori italiani?”
Il ragionamento non è sbagliato, soprattutto se consideriamo la forbice che si è creata tra stipendi fermi da anni e costo della vita in continua crescita. C’è però un problema, i giovani non sembrano interessati a fare gli autisti, e molti addirittura considerano questo mestiere una professione da “sfigati”, nel senso di un lavoro infelice e poco gratificante.
Ma c’è dell’altro, forse ancora più scomodo e che riguarda il tpl. Secondo diverse fonti attendibili interpellate, il vero nodo resta quello di salari e responsabilità, problemi che non si vogliono vedere né affrontare. Le stesse Academy di formazione, riferiscono le fonti, non hanno prodotto i risultati sperati. E allora? La sensazione è che si stia dando carta bianca al reclutamento all’estero, confidando che conducenti provenienti da altri Paesi possano mostrarsi più “comprensivi” verso le storture del sistema italiano.
Un progetto-pilota?
L’idea nasce (per il momento) nel solo bacino bresciano, dove mancano circa 150 autisti, con un conseguente taglio, nel 2024, di centinaia di migliaia di chilometri di servizio. Serve puntualizzare, però, che il percorso previsto non è un “arrivo last minute” di colleghi del nord africa, ma un progetto ben strutturato, con un’abilitazione professionale, 150 ore di lingua italiana e con priorità a persone di origine tunisina già residenti in Italia.
Che la tendenza delle società fosse quella di attingere conducenti da Paesi extra-UE me lo confidava già anni fa un sindacalista Cisl. Tuttavia, gli stessi sindacati oggi sottolineano che il mestiere dell’autista di autobus è diventato più stressante e rischioso, a fronte di stipendi ritenuti poco attrattivi rispetto alle ore, ai tempi morti e alle responsabilità. La loro preoccupazione è chiara: se le condizioni non cambiano, anche chi arriva dall’estero – appena può – cercherà impieghi migliori.
In questo senso, formare in Tunisia può tamponare l’emergenza, ma non risolve la “malattia” strutturale, cioè salari e qualità della vita lavorativa.
I numeri in prospettiva
L’analisi Anav, presentata a fine 2023, ridimensiona i timori di quella che molti conducenti percepiscono erroneamente come una “concorrenza al ribasso”. Su un campione di 150 aziende e 14.408 conducenti, il 97% è italiano, l’1,8% europeo e solo l’1,2% extra-UE. Si tratta quindi di inserimenti marginali su una base quasi interamente nazionale.
Il quadro europeo, invece, è ben diverso: mancano 105.000 autisti (pari al 10% del totale), di cui circa 10.000 solo in Italia. Una carenza che va oltre i singoli bacini e che fotografa un problema strutturale. Sono dati da conoscere prima di trarre conclusioni affrettate.
La sfida? Integrazione e formazione
Nelle mie esperienze, ad esempio durante i servizi shuttle, mi è capitato di incontrare giovani colleghi provenienti dall’Est Europa: motivati e desiderosi di imparare, ma penalizzati dalla scarsa conoscenza dell’italiano. A volte diventava complicato persino comunicare cose semplici, come offrire un caffè.
di Gianluca Celentano
