Nel dibattito contemporaneo sul lavoro di conducente (e non solo) il ruolo dei sindacati è sempre più oggetto di discussione rispetto al passato. Sembra crescere una sensazione diffusa di distanza e disaffezione nei confronti delle organizzazioni sindacali; spesso emerge anche una difficoltà comunicativa. Per comprendere cosa c’è davvero dietro questa percezione, è essenziale distinguere i fatti dai pregiudizi.

I numeri della sindacalizzazione in Italia

Secondo dati comparati e aggiornati, la sindacalizzazione in Italia – cioè la percentuale di lavoratori iscritti a un sindacato – si colloca oggi intorno a un lavoratore su tre (fonte: lavoce.info). Tuttavia, questa fotografia cambia sensibilmente a seconda delle fonti e dei metodi di rilevazione. Secondo l’OCSE, la densità sindacale (rapporto tra occupati sindacalizzati e occupati totali) si attesta intorno al 32,5% negli anni più recenti. Alcuni sondaggi indicano però percentuali inferiori, tra il 22 e il 25%, quando si considera l’autocertificazione degli iscritti (cioè quando un lavoratore dichiara di essere iscritto) nelle rilevazioni campionarie. Nel settore pubblico la sindacalizzazione si mantiene più alta, oscillando attorno al 41%, mentre nel settore privato risulta decisamente più bassa, intorno al 10%, secondo dati riportati da Linkiesta.it. Numeri che mostrano due elementi chiave: la percentuale di iscritti non è omogenea tra i settori e la percezione di una “crisi sindacale” non può essere assunta come una regola generale senza tener conto del contesto.

Perché si parla di disaffezione verso il mondo sindacale

La percezione di distanza tra lavoratori e sindacati può avere molte cause, reali o percepite. Incide certamente il declino storico rispetto al passato. Negli anni Ottanta ad esempio,  la densità sindacale sfiorava il 30%, in un mercato del lavoro profondamente diverso da quello attuale. Anche il rapporto tra settore pubblico e privato gioca un ruolo rilevante. La forte presenza sindacale nel pubblico tende ad amplificare, per contrasto, il sentimento che il sindacato non sia sufficientemente vicino alle esigenze di chi lavora nel mondo dei servizi e del privato.  C’è poi il tema dell’efficacia e della rappresentatività. Spesso l’azione sindacale viene associata a singole figure, e l’attenzione si concentra su rapporti personali o scontri visibili, più che sui processi collettivi di contrattazione. Questo contribuisce a rafforzare l’idea di una distanza dai “problemi reali” dei lavoratori.

Sindacati e critiche

Come autista che ha seguito da vicino anche le dinamiche sindacali, è utile sottolineare un punto fondamentale: criticare il ruolo del sindacato non equivale a negarne l’utilità. I sindacati, in particolare nelle loro strutture riconosciute e nella contrattazione collettiva, continuano a svolgere un ruolo istituzionale nel mercato del lavoro. Le critiche più fondate, nell’osservazione quotidiana di chi lavora nel settore, riguardano spesso comportamenti individuali o limiti organizzativi, più che l’istituzione sindacale in sé. È vero che fare una tessera sindacale non è sempre semplice e che molti lavoratori – soprattutto chi non si trova in situazioni di conflitto – non ne percepiscono il valore pratico immediato. Tuttavia, la tessera non è un fine, bensì lo strumento attraverso cui si accede alla partecipazione organizzata e al processo di contrattazione. 

L’alta partecipazione alle RSU

Un dato significativo, spesso trascurato, riguarda il coinvolgimento reale dei lavoratori nelle elezioni delle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU). Nonostante la percentuale relativamente bassa di iscritti, nei rinnovi delle RSU si registra, secondo alcune fonti sindacali, una partecipazione al voto molto elevata: oltre il 73% dei lavoratori si reca regolarmente alle urne nelle realtà in cui queste elezioni sono attive. Un dato che, se osservato a livello locale o settoriale, segnala come la stragrande maggioranza dei lavoratori riconosca l’importanza della rappresentanza interna, anche in assenza di un’iscrizione formale a una specifica sigla sindacale. Ne emerge una distinzione rilevante, ovvero che si può essere scettici sull’iscrizione individuale, ma non sulla partecipazione collettiva alla democrazia sindacale.

di Gianluca Celentano

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