Spesso criticate, ma indiscutibilmente utili, soprattutto se si sta guidando un autobus lungo, un autosnodato o un autoarticolato. In questi casi, le rotatorie possono essere una vera salvezza, specialmente quando si sbaglia strada: ti permettono di recuperare la direzione evitando tutta una serie di manovre.

Città a misura di trasporto collettivo

Certo, non tutte le rotatorie sono uguali. Alcune sono ampie e comode da affrontare, altre invece troppo strette e insidiose. A volte, l’estetica urbana gioca contro il conducente: i centri delle rotatorie sono adornati con elementi architettonici che limitano la visibilità, mentre pali, paletti e segnali posti sui marciapiedi circostanti ostacolano il “gioco di sbalzo o l’allungo” necessario per percorrerle correttamente. In queste situazioni, le imprecazioni (anche se non proprio sempre silenziose) diventano quasi inevitabili, soprattutto quando sei costretto a rinculare per correggere la manovra e allontanare l’asse posteriore dal cordolo (o muretto). In questi casi, il vero problema sono gli automobilisti dietro di te, che spesso non capiscono o, peggio, fingono di non capire la difficoltà.

Provo sempre una certa empatia quando vedo un camionista “incastrato” in una rotatoria. In diverse occasioni, non ho esitato a dargli una mano, leggendo nel suo sguardo una profonda gratitudine. Non esitate a dare una mano, è un gesto utile e molto gradito.

Ingegnose rotatorie

Nonostante l’ingegno dei romani in materia di urbanistica, le rotatorie non sono un’invenzione dell’Impero Romano. È vero che le città romane vantavano piazze, crocevia e fori ben organizzati per il traffico pedonale e per i carri trainati da cavalli, ma la prima vera rotatoria vide la luce solo all’inizio del XX secolo, nel 1907, a New York, con la creazione di Columbus Circle.

L’evoluzione delle rotatorie moderne, basate sul principio della precedenza ai veicoli già nell’anello, arrivò però negli anni ’60 nel Regno Unito, migliorando la sicurezza e la fluidità del traffico. In Italia, le rotatorie cominciarono a diffondersi negli anni ’80 e ’90, come parte di un piano strategico per ridurre l’uso dei semafori e migliorare la sicurezza stradale. Il loro design mirava a diminuire gli incidenti gravi, riducendo sia la velocità che l’angolo d’impatto, divenuto più defilato. Tuttavia, dagli anni ‘60 ad oggi, la maggior parte delle rotatorie a livello globale segue il modello tradizionale, chiamato “europeo” o alla francese” in cui i veicoli già presenti nell’anello hanno la precedenza su chi si deve immettere.

La variante da brivido

Purtroppo, non sono pochi coloro che, invece di rallentare di fronte a una situazione potenzialmente pericolosa, come previsto dall’art. 140 del Codice della Strada, scalano una marcia e affondano sull’acceleratore. Ne consegue che alcune strade dirette alla rotatoria non riescono a smaltire il traffico, anzi, e tutto diventa meno fluido e più frenetico. Alla luce dei numerosi autovelox, spesso intransigenti e professionalmente penalizzanti per la nostra categoria, ci si può chiedere se la prevenzione e l’educazione stradale non dovrebbero prendere in considerazione l’inserimento di controlli da remoto su questi incroci particolarmente pericolosi, che rappresentano un rischio maggiore rispetto a qualche chilometro in più percorso su ampie strade libere con i moderni automezzi pesanti.

di Cristian Guidi

 

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