Pubblichiamo integralmente un contributo dell’ing. Andrea Bottazzi, dirigente manutenzione automobilistica e logistica presso Tper spa. Ci sembra un bel modo per aprire il 2022, un anno che si prospetta di grandi cambiamenti e opportunità.

Le recenti spinte verso lo sviluppo delle flotte per il tpl , compreso il divieto alla circolazione per i mezzi euro III dal primo gennaio 2024 , pone sul tavolo delle aziende la necessità di cambiamenti repentini e strutturali.
È abolita d’ufficio la possibilità di galleggiare; serve assolutamente, per tutti, dare forti accelerazioni per adeguare l’organizzazione a queste modifiche delle flotte. La spinta della direttiva UE 1161/2019 dal primo agosto 2021 e dei PUMS (piani urbani della mobilità sostenibile) impongono alle aziende di accelerare tutti i processi si sviluppo della sostenibilità.
Lo sviluppo dei mercati d’offerta degli autobus è molto forte e non omogeneo tra i diversi costruttori e impone agli operatori tpl di effettuare scelte strategiche di fondo.

Dimensioni che non possono essere trascurate

Le dimensioni, alcune non tradizionali altre storiche ma sempre tenute in terza fila, sono:

-stato attuale ed obiettivi di sviluppo della flotta sino ad almeno il 2025;
-scelta sulla strategia di gestione della flotta;
-scelta sulle competenze per gestire la flotta futura.

Stato attuale ed obiettivi di sviluppo della flotta sino ad almeno il 2025

Lo stato attuale della flotta della specifica azienda e gli obiettivi, per lo meno al 2025, ormai sono pochi anni e questo periodo di tempo non è quasi più disponibile per accelerare, ma soltanto per cercare una adeguatezza seppure parziale ai nuovi dettami. Se esiste un piano industriale già definito sarà possibile valutarne la tenuta, in caso contrario è necessario definirne immediatamente uno con orizzonte 2025.

Chiaramente è necessario ragionare già anche in ottica 2030, 2040 e 2050 anche se naturalmente l’azione tocca già per scelte attuali soltanto il 2030. In poche parole comprando un autobus che deve durare almeno 14 anni oggi siamo già al 2022+14 = 2036. Mentre dal 2026 + 14 anni saremo già al 2040.

In questo modo di una semplicità algebrica allarmante si capisce perché è necessario avere in mente scenari già da oggi altrimenti si rischi di effettuare scelte che portano gravi rischi all’azienda esercente.
Ora i PUMS hanno indicazioni ancora a pelle di leopardo ma quello che è certo, se con la seconda parte della direttiva 1161/2019 si arriva al massimo al 35% di autobus alimentati a gasolio dal primo gennaio 2031, quale potrà essere la percentuale ammessa? Oppure non ci sarà alcuna percentuale ammessa cioè sarà zero la quantità di autobus a gasolio ammessa?

Inoltre è noto che esiste nell’ambito del 65% il vincolo del 32,5 % ZEV (Zero Emission Vehicle) che è davvero una spinta forte per lo sviluppo del futuro della flotta considerata.
È evidente che qui si aprono tutti gli scenari che devono essere indagati dalle imprese tpl:

  • elettrificazione delle flotte con ebus e con trolley bus ;
  • autobus alimentati ad idrogeno;
  • autobus alimentati a Cng;
  • autobus alimentati a Lng;
  • autobus alimentati con gasolio Hvo

La scelta, naturalmente, non è soltanto tecnologica, anche se a breve richiameremo il tema tecnologico che è sostanziale, ma deriva dallo stato attuale dell’operatore Tpl e dagli sviluppi attesi per il futuro dai diversi strumenti di programmazione.
È necessario indicare subito che è evidente una pressione forte sul servizio urbano, i motivi sono evidenti per cui si impongono scelte importanti per i servizi urbani, che sono ancora più urgenti che per i servizi suburbani ed extraurbani.

Inoltre è evidente che in particolare gli electric buses, ebus, e i fuel cell electric buses, Fceb, hanno in questo momento le loro migliori prestazioni proprio nei servizi urbani con un ciclo stop and go molto forte che permette recuperi di energia nella fase ibrida. È certo peraltro che è necessario che sia valutato lo sviluppo della energia elettrica da rinnovabile e come si evolve in futuro la sostenibilità delle batterie di trazione. Mentre per i Fceb deve essere verificata la filiera completa di produzione di idrogeno green che al momento è ancora tutta da sviluppare.

Per quanto riguarda il gas, sia Cng che Lng, è evidente che anche o più dogmatici detrattori devono fare i conti con la grande possibilità di passare all’utilizzo del bio Cng e Bio Lng, nel periodo da qui al 2040, che nel well to wheel (dal pozzo alla ruota, wtw) permette di calare la CO2 globale. Tale utilizzo che è strettamente collegato allo sviluppo dell’economia circolare da rifiuti urbani e agricoli, non può  che essere tenuto in massimo conto perché riduce l’impatto globale dei trasporti in ottica wtw.

Certo, il gas da solo non basta più per un’azienda tpl ma può essere un elemento centrale, se i progetti sono già sul campo, per un mix che proceda sfruttando le caratteristiche migliori delle varie tecnologie di trazione nei diversi ambiti d’uso. Inoltre essendo sia il Cng che Lng considerati proprio per questo clean vehicles possono supportare gli operatori e le agenzie a concentrarsi sul tema dell’urbano che è la parte dove le scelte strategiche sono più urgenti e sono già definite da un 22,5% ZEV, dal primo agosto.2021, che diverrà come detto 32,5%  ZEV dal primo gennaio 2026.

Sul gas va detto che siamo di fronte a scenari completamente diversi per aziende tpl che devono ancora effettuare scelte strategiche e per le aziende che invece le hanno già fatte.
Per le seconde il gas è certamente stata una risorsa, basti pensare che autobus Cng coevi agli euro III a gasolio potranno essere utilizzati anche dopo il primo gennaio 2024 poiché hanno emissioni euro V Eev pur essendo coevi agli euro III a gasolio, questo per buona pace dei detrattori del gas rimane un fatto non modificabile.
In un’ottica di sviluppo con un mix di tecnologie di alimentazione della flotta è innegabile che il Cng e l’Lng può assumere, sino al 2040, un ruolo importante sul suburbano e sull’extraurbano nel prossimo decennio almeno.

C’è da registrare lo sviluppo tumultuoso che ha avuto, ed è in corso, della rete di rifornimenti stradali per Lng questo fatto è molto importante ed è la conseguenza di forti investimenti dell’Ue per creare una rete europea per i truck. Questo patrimonio di logistica del rifornimento Lng potrà essere utilizzato anche con Bio Lng e rappresenta quindi un elemento importante perlomeno sino al 2040 per il mix delle flotte tpl.

D’altro canto è evidente che il mercato dell’offerta ebus per il suburbano è ancora vincolato alle stazioni di ricarica sul territorio (non solo in deposito e ai capolinea come nell’urbano) e per l’extraurbano è proprio assente al momento. Gli ebus per l’extraurbano sono, infatti, al momento puri prototipi.

Per il suburbano potrebbe essere utilizzato il Fceb ma con un peggioramento del rendimento per il minore stop and go. Una piccola flotta di 14m a tre assi prodotti dalla Van Hool è in esercizio a Colonia da qualche anno ma rappresenta un progetto pilota. Mentre per l’extraurbano al momento anche il Fceb non è disponibile se non come prototipo.

I Fceb dovevano estendere gli autobus ZEV fuori dalla città, ove invece regnava l’ebus, al contrario si sta osservando che i Fceb insistono proprio nelle aree urbane poiché per i servizi suburbani ed extraurbani i profili di missione penalizzano molto al momento questo tipo di autobus. Si ribadisce che il recupero per il ciclo ibrido dell’urbano è essenziale per i Fceb per avere rendimenti accettabili. Certamente le grandi aree metropolitane possono utilizzare i Fceb proprio per i servizi con percorrenze più lunghe che passano per il centro ma che hanno i capolinea ai limiti dell’area metropolitana. Questo appare l’utilizzo più indicato degli Fceb al momento.

Inoltre per l’extraurbano si pone il tema della futura convivenza con i distributori stradali per i truck con pressione a 700 bar che provoca l’incompatibilità delle bombole a 350 bar che sono lo standard attuale. Certo è ipotizzabile che siano realizzati stazioni di rifornimento ad idrogeno, HRS, con doppia pressione possibile.

Per quanto riguarda gli autobus alimentati con gasolio di origine vegetale, Hvo, si pone il tema gli autobus che lo utilizzano devono essere tutti nuovi, perlomeno euro VI, e che questo gasolio non è disponibile per grandi quantità specie in futuro visto che in alcune composizioni contiene olii che sono sotto forte pressione normativa e regolatoria già oggi. Nella prima transizione sino al 2025 può essere compatibile con uno sviluppo della flotta basato su varie linee di sviluppo, in una quota che non può rappresentare lo sviluppo completo della flotta stessa (cosa impossibile per la quota Zev obbligatoria dall’1.8.2021).

Rimane il fatto che acquistare un urbano a gasolio anche se Hvo al momento è una scelta che deve aver termine, poiché l’obbligo di almeno una parte di veicoli Zev deve avere proprio sull’urbano, per quanto già detto sopra, una sua applicazione. Posto nel suburbano ed extraurbano allora questa scelta va già valutata comparando con Cng ed Lng, non potendo dire in modo apodittico che l’HVO sia meglio specie se si considera il WTW per produrlo.

Come già più e più volte sentito e comunicato sino al 2040 sarà il mix di scelte dell’operatore Tpl a fare la differenza non essendo assolutamente possibile al momento una scelta totalizzante per la flotta.
Si richiama ancora una volta il lettore sul fatto che le campagne dogmatiche, per non dire altro, contro certi sistemi di alimentazione sono la fotografia della confusione che opprime il mercato della domanda e dell’offerta. Questa confusione rende più complesse le scelte degli operatori e ha portato i costruttori in molti casi ad effettuare delle scelte eliminando dal listino alcuni tipi di trazione, o portando a corse per rendere disponibili per la propria flotta talune tecnologie.

Alcuni esempi per non sembrare teorici:

  • tipo di ricarica opportunity sugli ebus diversa tra 12m e 18m;
  • disponibilità del mild hybrid su alcuni modelli e su altri no;
  • chiusura totale futura al Cng ed al Lng;
  • chiusura sull’Lng;
  • dichiarazione che i Fceb non sono interessanti;
  • non sviluppo del filobus.

Scelta sulla strategia di gestione della flotta

Le svolte tecnologiche pongono subito sul tavolo il tema della gestione della flotta, in specifico le modalità di gestione delle attività di manutenzione sugli autobus.
Per quanto riguarda le gestioni sugli autobus tradizionali ci sono state varie oscillazioni e approcci molto variegate. La scelta di fondo che si deve operare è sul fatto di mantenere competenze e controllo delle attività o affidare completamente al costruttore la gestione dell’autobus in tutta la sua vita utile.

La svolta tecnologica pone sul tavolo la necessità di operare una scelta da subito, in caso di outsourcing, per tutta la vita dell’autobus. Questo concetto non è ancora di dominio pubblico, rimane in testa e quindi nella cultura media la possibilità di un galleggiamento con scelte non precise. Questo modo di procedere non è più possibile l’operatore TPL deve decidere se la manutenzione è core business o meno.

Sia l’ebus con la gestione dell’impianto di ricarica (sia in deposito che al capolinea) sia le Fceb portano in evidenza che o l’operatore tpl gestisce il sistema o deve cedere il sistema. Qui si pongono i soliti problemi già noti:

  • difficoltà derivante dal fatto che la flotta è quasi impossibile che nel tempo sia dello stesso costruttore, sia che sia ebus sia che sia Fceb;
  • che quindi si deve avere sistemi di ricarica e rifornimento che siano interoperabili;
  • che in ogni caso l’operatore tpl deve mantenere un certo livello di controllo delle operations.

Sul livello di mantenimento delle competenze torneremo nel prossimo paragrafo.
Per quanto riguarda le scelte relative agli ebus e ai fceb si deve considerare limpatto sulle officine che devono essere riviste, salvo non si sia già lavorato a priori per l’ebus (filobus ecc…).
Per i Fceb invece il tema officina è centrale poiché deve essere completamente rivista per essere adeguata alla gestione dell’idrogeno

I progetti della sostenibilità sono progetti sistemici, non di acquisto di veicoli, questo tema per quanto venga ribadito non lo è mai abbastanza. Serve una mentalità che soltanto che chi ha già operato con filobus, tram e con il metano può aver metabolizzato. Cioè la necessità di assicurare resilienza del sistema di rifornimento. Con il gasolio una serie di batterie e di cisterne indipendenti risolveva il problema, con le nuove tecnologie di trazione questo non è più possibile.
In questo momento sia gli ebus che gli Fceb hanno una resilienza per il rifornimento molto bassa salvo che questa non venga progettata sin dall’origine.
Inoltre per suburbano ed extraurbano il rifornimento degli ebus in stazioni pubbliche appare davvero utopico richiedendo ore e non minuti. Inoltre in quanti anni è ipotizzabile una tale rete? Sicuramente non prima del 2040.
Mentre a rete esistente per altri veicoli per i Fceb potrebbe essere realistico. Naturalmente il tema degli ebus è risolubile con una serie di stazioni di rifornimento proprietarie dell’operatore tpl, con i relativi problemi di manutenzione e gestione.

Scelta sulle competenze per gestire la flotta futura

È ora evidente l’importanza della gestione delle competenze, tutto quanto sopra riportato gronda di competenze necessarie per il suo efficace utilizzo. Non ci sono scorciatoie la progettazione dello sviluppo delle competenze, il ben noto in altri settori knowledge management, diviene centrale per il futuro. L’operatore tpl deve comprendere bene questo passaggio. La terziarizzazione completa della trazione elettrica, porta alla chiusura per l’operatore di tutto ciò che si sviluppa di tecnologico.

La dipendenza da terzi per tutte le operations degli ebus porterà all’incapacità di comprare per altra via altri autobus elettrici, quindi chi sviluppa un progetto del genere dovrebbe farlo one shot per tutta la flotta (vedi esempi in Olanda e sud america per flotte da 100 mezzi in su, lasciando perdere la Cina che è un caso a parte). Quindi lo sviluppo per lotti, tipico dell’Europa sino ad oggi, non può essere portato avanti in questo modo se si sceglie l’outsourcing. La scelta coerente se si vuole procedere con l’outsourcing è scegliere un partener non un veicolo, e ricercare un accoro poliennale che possa seguire l’operatore per tutto lo sviluppo della flotta ebus.

Peraltro abbiamo richiamato prima il fatto che in ogni caso è irrealistico pensare per un’azienda non solo urbana avere una unica tecnologie di trazione. In questo caso i Fceb sono molto diversi poiché la gestione è simile a quella del gas una stazione di rifornimento può più facilmente essere utilizzata da autobus di produttori diversi.

Next please

Questi sono i temi che si devono considerare da ieri e sino al 2050 per le scelte di sviluppo flotta.
Si consideri che l’outsourcing nel mondo industriale non è più di moda poiché i sono visti gli effetti sulle aziende che hanno proceduto ad outsourcing molto forti: perdita di conoscenza sul prodotto, costi lievitati, calo della qualità.

In realtà nel mondo industriale è divampato il merger ed acquisitions più che lo sviluppo ulteriore dell’outsourcing, le aziende che ancora oggi utilizzano l’outsourcing il modo forte in realtà stanno modificando il loro modello di business come una alleanza (Ouchi lo chiama Clan che è una forma tra mercato e gerarchia) più che come una fornitura.

L’avvio di progetti di ebus nel nostro Paese è stata una chiara evidenza di quanto qui indicato, una evidenza empirica, e la difficoltà di sviluppare progetti nelle aziende che non avevano alcuna conoscenza dell’elettrico è una inevitabile evidenza di questo.

Si invita il lettore a riflettere sul fatto che le tecnologie Maas a bordo autobus e sulla rete, per quanto riguarda i veicoli a guida autonoma, stanno ampliando questi confini di conoscenza necessaria e quindi dal veicolo sistema per la sostenibilità di dovrà passare al sistema della mobilità. Come potrà l’operatore tpl che ha chiuso lo sviluppo delle competenze già con il sistema di trazione esistere in questi nuovi scenari?

Andrea Bottazzi

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